Muffin illegalmente buoni

Missione 5, prompt: pace

Hunk fissava la bacheca incredulo. Il loro professore di diritto, un sadico sotto mentite spoglie, aveva commissionato loro un saggio ‘di presentazione’ prima ancora dell’inizio dei corsi. L’avviso era apparso la settimana prima sulla sua bacheca, Hunk lo aveva visto per caso e aveva passato letteralmente cinque giorni d’inferno per presentare qualcosa. Infine, aveva optato per un’analisi di come il primo codice civile americano e l’antico codice civile cinese si erano trovati a condividere alcuni punti fondamentali spontaneamente. Non era il suo saggio migliore e alcuni passaggi avrebbero necessitato di pagine e pagine di spiegazione.

Ad ogni modo quando il primo giorno il professore si era congratulato con lui e l’altra cinquantina di studenti che avevano visto l’avviso aveva pensato che anche se il contenuto non era il massimo gli aveva garantito d’iniziare con il piede giusto. Magari poteva studiare qualche approfondimento e proporlo al suo professore in un secondo momento.

Poi aveva visto la lista dei risultati.

Lui era primo…a pieni voti. Aveva distaccato il secondo di un bel pezzo.

“Garett? Chi diavolo è Garett?” disse qualcuno alla sua destra.

“Deve essere il solito raccomandato!” rispose qualcun altro con una voce al vetriolo.

Hunk girò sui tacchi prima di essere sgamato, sorpassò il gruppetto e si rese conto che a parlare erano stati due ragazzi praticamente identici, con la stessa pettinatura rasata dietro la testa e ai lati. Non li aveva mai visti e si ripromise di evitarli.

Sentiva il cuore pulsargli in gola e gli fischiavano le orecchie al punto che gli altri suoni gli giungevano ovattati.

Era furioso.

Si diresse a passo di carica verso l’ufficio del professore di diritto, voleva una spiegazione e l’avrebbe avuta!

°°°°°

“Professor Eversome” disse Hunk cercando di mantenere la calma, voleva evitare di fare danni prima del tempo.

“Buongiorno” l’uomo di mezza età dai capelli striati appena di grigio, gli fece un cenno da dietro una scrivana titanica “Signor…?”

“Garett, Hunk Garett” Hunk si sedette sul bordo della sedia, non gli piacque per nulla il lampo negli occhi dell’uomo al suono del suo nome.

“Ma certo! Hunk Garett, ho apprezzato molto il suo saggio”

“È proprio per questo che sono qui, non posso che dirmi sorpreso del risultato”

“E perché mai? Ha esposto un punto di vista interessante nella sua tesi e anche l’idea di base del suo confronto è quanto mai originale”

“Era incompleto e approssimativo” tagliò conto Hunk “Non ho curato l’uso delle fonti e alcuni passaggi erano basati su pure supposizioni; non posso credere di aver ottenuto il massimo con un lavoro del genere”

L’uomo non si scompose minimamente nonostante il suo tono fosse salito mentre parlava. Non stava urlando; ma ci mancava poco.

“Questo lo lasci decidere a me, inoltre la sua preoccupazione mi fa capire quanto sia uno studente serio!” parlava con le gambe accavallate agitando una mano in aria con sufficienza “E poi…” aggiunse dopo un momento “Con certi esempi davanti agli occhi sono sicuro che avrà modo di esprimere al meglio il suo potenziale in futuro” inarcò entrambe le sopracciglia e Hunk sentì il sangue andargli al cervello.

“Come scusi?” lo sapeva! Lo sapeva che sarebbe successo! “Lei ha parlato con mio padre!”

“Andiamo, io e Ronald siamo vecchi amici, certo che parliamo, non vedo cosa ci sia di strano”

Hunk si abbassò sulla scrivania con aria minacciosa:

“Mi ascolti bene perché lo dirò una volta sola: io non sono mio padre!”

Girò sui tacchi senza voltarsi e fece in modo di sbattere la porta uscendo, se aveva imparato una cosa dalla sua famiglia era che un tocco drammatico non stonava mai.

Uscì dalla facoltà come una furia senza una meta precisa, doveva schiarirsi le idee.

°°°°°

Hunk era chino sugli appunti dell’ultima lezione di economia politica, faceva fativa a concentrarsi perché ancora ribolliva dentro per la scena con Eversome, quando due ombre gli oscurarono la luce.

“Hunk Garett” disse una voce “Finalmente c’incontriamo” aggiunse un’altra. Davanti a lui due ragazzi perfettamente identici lo guardavano letteralmente dall’alto in basso -in realtà ci siamo già incontrati- si trovò a pensare, li aveva incontrati il giorno dell’uscita dei risultati.

“Io sono Mike” disse quello a sinistra “Io sono Mark” disse quello a destra “Harrison!” aggiunsero insieme.

“Sembra che il mio nome già lo sappiate, piacere” aggiunse all’ultimo incerto.

“Certo che lo conosciamo” questo modo di che avevano di completare le frasi l’uno dell’altro era odioso “Come Ronald Garett, tutti gli studenti di legge conoscono il suo nome”

Hunk spalancò gli occhi. Nell’aula gruppetti di studenti in attesa della lezione già mormoravano fra di loro osservandoli.

“Tuo padre deve essere terribilmente fiero di te!”

“Il corso è iniziato da appena un paio di settimane e sei già il primo della classe”

Hunk sentì la rabbia montare, sapeva che avevano ragione e sapeva anche che chiunque altro in quel corso meritava una chance quanto lui, ma non era colpa sua! Si era iscritto a legge perché credeva seriamente che tutti fossero uguali. Eppure, non riuscì a trattenersi.

Si alzò in piedi notando con una certa dose di soddisfazione che li superava di una spanna:

“Avete detto bene! Mio padre è fiero! Se avete tempo libero per recriminare, perché non studiate di più” chiuse i suoi appunti e uscì dall’aula. Non era dell’umore giusto per una lezione. Dopo un paio di corridoi decise che aveva bisogno di un caffè.

A quell’ora il bar era quasi vuoto quindi Hunk si sorprese quando qualcuno scelse di sedersi proprio davanti a lui. Ancora agitato di prima stava per scaricare i nervi addosso allo sconosciuto quando si rese conto che era una sconosciuta invece ad osservarlo con un sorriso smagliante.

In una parola? Adorabile.

Aveva i capelli tagliati in un delizioso caschetto che incorniciava due occhi verdissimi e un nasino cosparso di lentiggini.

“Scusa” esordì lei “Immagino non sia un gran momento per parlare ma sei stato grande prima!” parlava in fretta gesticolando come se mandasse segnali alla flotta “Non sopporto quei due, per qualche ragione sembrano convinti che gli studenti di legge siano una razza superiore e a quanto pare io non sono all’altezza”

E Hunk non faticava a capire il perché, indossava un cappotto lungo giallo lime che faceva a cazzotti con il suo smalto verde Tiffany e la borsa fucsia.

“Shay” disse porgendogli la mano ma poi la ritirò prima che il ragazzo potesse afferrarla “Oddio, probabilmente vuoi stare solo ora! Possiamo parlare un’altra volta”

“Aspetta!” Hunk la fermò che già si stava alzando “Ti va un caffè?”

“Sono più tipo da tè” disse risistemandosi sulla sedia.

“E tè sia! Quindi cosa ti hanno fatto i gemelli di così terribile?”

Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò:

“Hanno detto che potrebbero mettere su un’accusa per offesa al pubblico pudore solo per come mi vesto”

“Però, niente male!”

“Già”

“A me piace il tuo stile, tutti possono abbinare i colori”

“Si gli abbinamenti sono da perdenti”

Hunk si rilassò, forse dopo tutto avrebbe dovuto ringraziare Mike e Mark.

°°°°°

Hunk passò in rassegna gli ingredienti per assicurarsi di avere tutto, non gli piaceva correre avanti e indietro mentre cucinava. Infine, prese una scodella e si mise al lavoro: aprì un uovo con delicatezza e iniziò a sbatterlo nel recipiente con zucchero, poi iniziò ad aggiungere la farina continuando a girare per evitare la formazione di grumi; l’ultimo ingrediente era il lievito secondo la ricetta originale ma lui aggiungeva sempre anche una spolverata di vaniglia come piaceva a Keith. Dopo aver coperto bene la scodella lasciò l’impasto a riposare in frigo.

Dopo aver sgombrato il ripiano torno a concentrarsi sulla frusta elettrica. Ovviamente grazie a Lance la nutella non mancava mai e avevano anche lo sciroppo d’acero, ma aveva deciso di preparare anche la panna, la frusta elettrica stava lavorando il composto già da un po’ e a occhio e croce era pronto, tolse la scodella dal supporto e dopo averla coperta mise in frigo anche quella.

Si leccò le dita mentre accendeva il fuoco sotto la padella, gli era venuta particolarmente bene.

“’Giorno” biascicò una voce. Shay era appoggiata allo stipite della porta con i capelli ancora più scompigliati del solito e indosso una felpa di Hunk. La sera prima Lance li aveva portati tutti a bere con risultati tragici.

“Buongiorno!”

“Dimmi che ho sognato la scena dello sgabello” disse solo accettando la tazza di caffè che il ragazzo le aveva prontamente versato, si riferiva a quando aveva chiesto estremamente preoccupata ad uno sgabello se aveva complessi d’inferiorità verso le sedie.

“Beh…”

“Oddio” si accasciò su una sedia sprofondando il viso fra le braccia, s’intravedeva solo una parte della fronte rossa quasi quanto i suoi capelli.

Hunk ridacchiò recuperando l’impasto dal frigo, il burro si era appena sciolto e la padella era calda al punto giusto.

Versò la prima parte di composto e aspettò pazientemente che i bordi assumessero un colore più dorato. Improvvisamente sentì una presenza alla sua sinistra, Shay si era alzata e aveva fatto il giro del tavolo molto silenziosamente.

“Pancake?”

“Già!”

La ragazza sembrò riflettere un momento sorseggiando il caffè.

“Non credo di aver mai visto un ragazzo cucinare” disse infine.

“Per fortuna che cucino” Hunk ribaltò abilmente il pancake “Altrimenti morivamo di fame, Lance una volta è riuscito a bruciare l’acqua.

“Guarda che ti ho sentito” il diretto interessato apparve come evocato dal suono del suo nome, lui sembrava più in forma della ragazza “Sfortunatamente è vero, ma non chiedere come ci sono riuscito, ho il sospetto che Keith si sia iscritto a fisica solo per spiegare quell’incidente”

Shay li deliziò con la sua risata coinvolgente: “E gli altri?”

“Secondo me potrebbero cavarsela, ma da quando ho dato fuoco ad un liquido ignifugo Hunk ci ha proibito l’accesso alla cucina”

“Infatti, nessuno è morto avvelenato e la casa è sana e salva” Hunk si voltò con un piatto di meravigliosi pancake dorati e una vasca di panna bianchissima

“Hunk…sposami!” Lance lo guardò adorante protendendo le braccia.

“Ma certo caro, adesso fai il bravo, prima gli ospiti” spostò la sedia a Shay che si sedette imbarazzata.

“Credo di dovervi delle scuse, ieri ho dato uno spettacolo penoso, ma l’inizio del college è stato un po’ deprimente e avevo bisogno di distrarmi un po’”

“Ti trovi male?” chiese Hunk.

“No, mi piacciono i corsi, ma hai visto che atmosfera regna a Giurisprudenza”

Hunk annuì comprensivo.

“Ad ogni modo io devo andare” Lance lavò in fretta la tazza e il piattino dove aveva sbafato i pancake “Comunque erano buonissimi, non ti smentisci mai Hunk” l’interpellato accettò il complimento con un cenno.

“A stasera”

Lance uscì dalla stanza e Hunk e Shay rimasero soli.

“Mi piacciono i tuoi amici” sentenziò Shay.

“Lo spero che ti piacciano, perché hanno la tendenza ad inglobare nel gruppo chiunque divida con noi i pancake”

“Quindi non posso più scappare?”

“Esattamente!”

Lance uscendo lì sentì ridere dalla cucina e ghignò malignamente, forse Hunk poteva anche essere cieco, ma lui aveva notato perfettamente come si guardavano lui e Shay.

La ragazza mangiò estasiata i pancake emettendo versi di apprezzamento.

“Se non hai successo come avvocato devi assolutamente aprire un ristorante!” esclamò alla fine ridendo.

Hunk invece non rise. Quelle parole lo incoraggiarono nella decisione che aveva preso quella mattina.

°°°°°°°°°

“Hai sentito?” mormorò Mike a suo fratello tempo dopo “Garett ha lasciato gli studi per aprire una pasticceria!”

“Certo che la gente è stupida, uno come lui che aveva un futuro assicurato.

°°°°°°°°°

Hunk passò un muffin a Lance e salutò Shay che stava uscendo, non era mai stato tanto in pace con se stesso come quando aveva deciso di aprire quella pasticceria, tutti i suoi amici passavano da lui e gioiva profondamente nel vederli illuminarsi assaggiando i suoi dolci.

Non gli serviva una carriera, aveva tutto quello che poteva desiderare.

 

Precedente Dite College! Successivo Ad ogni costo!