Matching tattoos

SAFE – Missione 5: Unità Aristoteliche.

Parole: 1373

Derek avviò la macchina del caffè pulendo il bancone prima di voltare il cartello che segnava il locale come aperto. L’aria era pervasa dall’odore invitante delle paste che avevano appena consegnato. Ancora calde e fragranti di forno.

La caffetteria era vicino ad un università al centro della città e c’era un andirivieni più o meno costante di studenti di varie facoltà. La primavera era appena arrivata e le persone iniziavano a mostrare le braccia per la prima volta dopo il rigido inverno.

Ad un occhio disattente sarebbe potuto sfuggire il modo strategico in cui molti arrotolavano le maniche scoprendo l’avambraccio ma dopo un anno che lavorava lì aveva notato che fra i giovani era una pratica molto diffusa. Nessuno lo diceva apertamente ma tutti lo facevano per lo stesso motivo. 

Trovare l’anima gemella. 

Anche adesso poteva vedere una ragazza che cercando di essere discreta osservava le linee che gli si stavano formando sul braccio. Da qualche parte lì fuori qualcuno stava tracciando quelle stesse linee sul suo braccio e di riflesso apparivano anche sulle braccia di lei.

Chissà se si sarebbero incontrati quel giorno. 

Derek indossava un giacchetto sopra la divisa. Non era tanto ossessionato dalla questione da prendersi un malanno. 

Inoltra sapeva bene che le sue braccia sarebbero rimaste intonse per tutta la giornata. 

I caffè si susseguivano uno dopo l’altro in un ritmo incessante che diventava automatico dopo un po’. Per una scommessa con Isaac aveva fatto una prova e la risposta era: si. Poteva tranquillamente preparare un caffè bendato e con una mano legata dietro la schiena.

Lentamente le richieste cambiarono.

I cornetti diventarono sandwich e la mattina defluì nell’ora di pranzo senza particolari intoppi.

Durante il suo break era seduto su un tavolo in disuso nel retro. Con una bottiglietta d’acqua in una mano e una piadina nell’altra. Aveva la schiena stancamente appoggiata al muro e le gambe che penzolavano nel vuoto.

Stava guardando l’orario appeso al muro di fronte sovrappensiero. 

Avrebbe dovuto fare anche la chiusura oggi. 

In genere non gli competeva. Aveva le sue ragioni per voler esser a casa entro le otto, lavorava con i suoi amici che conoscevano bene la situazione e accomodavano questo suo desiderio ben volentieri.

Ma Boyd ed Erika non riuscivano a prendersi una serata per loro due da settimane e quando la ragazza gli aveva chiesto di coprirla aveva accettato subito. Per una sera non sarebbe successo nulla.

Inoltre dopo la chiusura dell’univarsità raramente avevano clienti quindi non era detto che riuscisse comunque a ricavarsi una fetta di tempo per il suo rituale serale.

Il flusso di persone iniziava a diminuire verso le cinque di pomeriggio solitamente. La gente non si sedeva più ma prendeva solo un caffè veloce di fine giornata con gli amici prima di tornare a casa.

Verso le sette l’università era praticamente deserta e solo gli ultimi ritardatari si fermavano al bar per prendere le briosche avanzate che a quell’ora mettevano in sconto.

Alle otto salutò Isaac e si sedette dietro il bancone con un occhio sulla porta per controllare che non arrivassero altre persone.

Solo allora si arrotolò le maniche e attese. 

Non passò neanche un minuto.

Puntuali come sempre le prima linee iniziarono a colorare la sua pelle. I colori si mischiavano creando figure così aromniose che parevano vere. Il gioco era sempre capire quale fosse il soggetto. 

Oggi quello che stava lentamente prendendo forma sul suo braccio destro era senza dubbio un lupo. la silouette si stagliava contro la luna incorniciata da uno sfondo di un blu intenso. 

Immancabilmente dopo poco le linee iniziarono ad apparire anche sul suo braccio sinistro. Non poteva fare a meno di chiedersi se chiunque ci fosse dall’altra parte fosse un artista ambidestro. O se stesse lasciando qulacuno disegnare sulle sue braccia. 

Scacciò il pensiero infastidito mentre il rosso gli copriva l’avambraccio. La silouette che apparve lentamente questa volta non era di un lupo ma di una volpe. Una volpe rivolta a guardare il lupo. 

Erano stupendi.

Come uno stupido ancora una volta si trovò a fotografarli. Aveva dovuto comprare uno spazio in un cloud da quando aveva preso a fotografarsi le braccia tutte le sere per salvare le foto.

Era iniziato tutto anni prima. 

Si trovava forse in prima elementare quando per la prima volta un segno blu gli era apparso sul palmo. Era uno sgorbietto inidentificabbile. Forse un animale.

Derek si ricordava di essere corso da Talia con il braccia alzato per farsi spiegare quella magia.

Allora aveva appreso che da qualche parte un bambino aveva fatto quel disegno. Se fosse stato fortunato un giorno si sarebbero incontrati come i suoi genitori.

Non era successo nulla per tanto tempo. I disegnini sbilenchi a volte apparivano ma Derek non disegnava nulla. Non era bravo e l’idea che qualcuno vedesse i suoi disegni non gli piaceva.

Poi un giorno qualcosa cambiò.

Invece del solito disegno apparve la familiare griglia del tris con un cerchio in un angolo. Non poteva essere. Esitante posizionò una x in una altro angolo.

Giocarono tutto il pomeriggio.

A sera veva il braccio coperto di partite e dovette passare cinque minuti a strofinare vià l’inchiostro.

La cosa andò avanti a lungo, con le partite che trovavano spazio tra i disegnini che ancora occasionalmente apparivano. Non erano più così sbilenchi e Derek iniziava quasi a distinguere i soggetti rappresentati.

Tutto si fermò di botto quando aveva nove anni.

Un giorno si rese conto distrattamente che non facevano una partita a tris da almeno una settimana. Così preso il coraggio a due mani per la prima volta fu lui a disegnare la grigli mettendo una x al centro. Ma non accadde nulla.

Il giorno dopo riprovò ma ancora nulla.

Dopo un mese smise di tentare. Dopo un anno ancora ci pensava. Dopo cinque anni se qualcuno prendeva l’argomento rispondeve brusco a a male parole. 

I disegni scelsero il momento più assurdo per tornare indietro. Aveva sedici anni e stava affondando il volto, ancora sporco di fuliggine, tra le braccia con i solchi delle lascrime che gli segnavano le guance. 

Per via delle macchie nere ci mise un secondo a rendersi conto che altri colori si stavano allargando sulla sua pelle. 

Rannicchiato sul sedile posteriore della macchina della polizia ancora scosso dai singhiozzi si perse a guardare fiori sbocciare sulla sua pelle seguiti da stelle di diverse dimensioni e piccoli animali ancora un po’ sbilenchi. 

Infine sul suo polso apparve un disegno in uno stile molto diverso. Le linee spesse si arricciavano creando una figura astratta che sembrava una specie di triangolo. 

Derek non aveva mai visto nulla del genere.

Tirando su con il naso prese il telefono e scattò la sua prima fotografia.

Si sentiva un po’ uno stupido quando una settimana dopo si presentò accompagnato da Peter nel padigione tatuaggi vicino al loft di suo zio. Con un’espressione determinata e il cellulare stretto in mano.

Il rumore della porta che si apriva lo riscosse dai suoi pensieri. Frettolosamente abbassò le maniche avvicinandosi alla cassa.

Un ragazzo giovane che non aveva mai visto prima stava scrutando il menù appeso al muro con le mani in tasta e una cartellina sottobraccio. 

“Ahem, un sakura special?” Disse tastando le tasche in cerca del portafoglio.

Derek si voltò di scatto verso il bancone per aggrapparsi. 

Si era trovato a fissare nuovamente la sagoma della volpe. 

Ma non era sul suo braccio. 

Preparò la bevanda rischiando di far cadere tutto per quanto gli tremavano le mani. Come poteva prendere l’argomento? Non lo poteva lasciare andare via crollasse il mondo. L’occhio gli cadde sullo sfondo blu del lupo che faceva capolino dalla sua manica.

Con i sudori freddi si rimboccò la manica prima di prendere il caffè e voltarsi lentamente.

“Quanto di devo?” Chiese il ragazzo ma lui si limitò a porgergli il bicchiere gustandosi il modo in cui gli occhi coloro nocciola si bloccarono sul lupo sgranandosi a rallentatore in modo quasi comico.

“Offre la casa.” Disse con voce un po’ rotta e il ragazzo allungò il braccio con la volpe per prendere un bicchiere.

Le loro dita s’incrociarono attorno al cartoncino ma nessuno dei due lasciò la presa.

Precedente Incorrect fairy tale Successivo Con le dita intrecciate