Malva Chiaro – Capitolo 2

SAFE –  Missione 3: Cervello

Parole: 4648

“Davvero non c’è bisogno.” Disse Stiles cercando di nascondersi dietro il suo bicchiere. Si travavano nell’area relax. Inizialmente era sembrata una buona idea per distogliere da se l’attenzione di Peter, pensava ci sarebbero stati anche gli altri e invece no.

Adesso si trovava solo e con le spalle al muro. In maniera letterale.

Si era appoggiato al bancone vicino la macchinetta perchè Peter gli aveva fatto segno di sedersi vicino a lui ma il suo sguardo predatore gli aveva fatto rifiutare l’offerta.

Sfortunatamente l’uomo non aveva desistito e si era alzato appoggiandosi al bancone con una mano prima di chinarsi su di lui con un sorriso che avrebbe fatto invidia allo Stregatto.

“Si parla meglio davanti al cibo.” Disse L’uomo prendendogli il bicchiere dalle mani e poggiandolo vicino a lui.

In normali condizioni Stiles lo avrebbe spinto via. Ma era un cliente. E lo zio di Derek. Ed era un uomo troppo affascinante per flirtare con uno come Stiles.

Sicuramente stava fraintendendo.

“Non lo metto in dubbio ma non posso accettare di farmi offrire una cena.”

“Insisto.” Disse Peter. Adesso anche l’altra mano si era appoggiata sul bancone, intrappolando ufficialmente Stiles. “Un estraneo è solo un amico che ancora non hai conosciuto e io sono convinto che potremmo essere ottimi amici; non pensi Stiles?”

“Peter?” La voce sembrava quasi un ringhio.

“Nipote!” Esclamò Peter staccandosi da Stiles senza la minima vergogna. “Che combinazione incontrarti qui.” 

“Cosa ci fai qui Peter?” Disse Derek fulminandolo.

“Organizzazione nipote. C’è molto da fare e mi sarei dedicato molto prima ai miei doveri di testimone dello sposo se avessi conosciuto i benefici della cosa.” Disse lancinado un’occhiata lasciva a Stiles che aveva recuperato il bicchiere bevendo per dissimulare l’imbarazzo. Quasi si strozzò.

“Mio caro Stiles è stato un piacere conoscerti.” Disse Peter approfittando della sua distrazione per afferrargli la mano e compiere un perfetto baciamano.

A Stiles scappò un singhiozzo strappando le dita dalle sue e Peter si avviò alle scale oltrpassando Derek con una pacca sulla spalla.

“Buonagiornata nipote. Passo a prenderti Venerdì alla fine del tuo turno.” Disse sopra la spalla a Stiles. “Non vedo l’ora.” Aggiunse salutando sopra la spalla.

Stiles aveva ancora il signhiozzo quando Derek riportò l’attenzione su di lui. Era così rosso che sembrava avrebbe preso fuoco da un momento all’altro.

“Devo andare in bagno.” Disse il ragazzo quasi scappando. Il suo passo veloce ostacolato da occasionali singhiozzi.

Derek lo guardò sparire oltre la porta dei bagni furente.

A cosa aveva appena assistito.

Si versò un caffè fumando come una ciminiera. Era arrabiato più con se stesso che altro, non voleva spaventare Stiles.

Era arrabiato perchè era arrabiato. 

Non aveva diritti sul ragazzo.

E si stava per sposare.

Cosa andava a fare scene di gelosia. 

Si doveva dare una calmata.

“Derek?” Chiamò Stiles e quando si voltò la sua espressione era di nuovo sotto controllo. 

“Buongiorno.” Disse accennando un piccolo sorriso. “Perdona mio zio, è una persona un po’ stravagante.”

“Certo.” Il silenzio si prolungò più del dovuto e improvvisamente iniziarono a parlare insieme.

“Prima tu.” Disse Derek sentendosi uno scemo.

“Non ti da fastidio?” Chiese Stiles e Derek gli regalò uno sguardo così perplesso che agiunse subito. “Che tuo zio mi abbia invitato fuori.”

“Oh.” Si molto. “No, certo che no. Dovete organizzare no?” 

“Già.” Disse Stiles spostando il peso da un piede all’altro con aria delusa e Derek dovette mordersi l’interno della guancia.

Doveva smettere di immaginarsi le cose.

Stiles non era interessato a lui. E perchè avrebbe dovuto esserlo dopotutto. 

Il piccolo incidente fu presto dimenticato, sommerso da una pila di inviti scritti a mano. 

“Winchester Dean e Castiel.” Lesse Stiles dalla lista. “Non dice il suo cognome.”

“Va bene, è un amico di famiglia. Se deve usa il cognome di suo marito.” Disse Derek con voce rassegnata.

Il pomeriggio era stato un inferno. Dopo due ore infernali a confermare la lista degli ospiti Jennifer aveva decretato che voleva gli inviti scritti a mano per dare loro un tono più personale ma poi si era dileguata dicendo che doveva parlare con la sarta per il suo abito su misura.

Stiles non aveva avuto cuore di abbandonare Derek al suo destino e anche se non poteva scrivere poteva sempre leggergli i nomi. 

Era seduto sul divano nel suo studio mentre Derek si era seduto direttamente sul tappeto per scrivere sul tavolino da caffè. Stiles aveva provato a indicargli la scrivania ma lui aveva insistito.

“Da piccoli con le mie sorelle facevamo sempre i compiti sul tavolino vicino al camino in salotto così che i miei genitori potessero aiutarci mentre cucinavano.” Aveva spiegato. Il cuore di Stiles aveva mancanto un battito.

Gli Hale non erano sempre stati ricchi. Derek qualche volta gli raccontava della sua vita prima che la compagnia del padre facesse fortuna.

Era meraviglioso quanto i soldi non avessero minimaente intaccato il loro rapporto.

“Qui ci sono tre nomi insieme?” Disse cercando di non distrarsi a guardare i muscoli di Derek che si tendevano sotto la maglietta.

“Chi sono?”

“Lance McClaine, keith Kogane e Takashi Shirogane.” Derek si era voltato appoggiandosi al cuscino vicino alla sua gamba per guardarlo.

“Oh, si. Lance è un mio amico del colledge. Ha aperto una sala da tè. Keith e Shiro stanno con lui. Hanno una relazione intendo.” Derek lo guardò con aspettativa e improvvisamente più nervoso che quando Peter lo aveva messo all’angolo.

Soppesò le sue parole prima di rispondere con un piccolo ghigno.

“Jennifer deve essere felicissima che gli rovinino la simmetria degli inviti.” 

Risposta giusta. 

Derek si aprì in un sorriso abbagliante che fulminò Stiles sul posto.

“Ha provato ad accennare che forse non era appropriato invitarli e le ho detto che se diceva qualcosa sui miei amici poteva sposarsi da sola in effetti.” L’uomo si rivoltò per scrivere e Stiles si aggrappò alla cartellina forte.

Era ingiusto quanto gli piacesse Derek. 

Forse gli avrebbe fatto bene uscire con qualcun’altro.

Poi si ricordò che usciva con lo zio del ragazzo per cui aveva una cotta tremenda e si sbattè la cartellina sulla fronte.

“Tutto bene?” Chiese Derek guardandolo sopra la spalla.

“Mosca.” Disse in fretta Stiles e Derek si rivoltò ridacchiando. 

Non poteva andare peggio di così.

Poteva assolutamente andare peggio di così. Si corresse Stiles. Mentre scendeva dalla limousine.

Lavorando nel circuito dei matrimoni aveva viaggiato in auto di lusso prima. Auto di lusso destinate ad altri. 

Non che erano state noleggiate appositamente per lui.

Aveva passato tutto il viaggio in preda al panico.

Grazie al cielo in un lampo di lucidità non si era messo i jeans ma non era esattamente vestito elegante.

Ovviamente l’auto si fermò davanti al Poison Rouge. Era un ristorante così esclusivo che rasentava il ridicolo. Il proprietario aveva avuto la geniale idea di creare un ibrido fra un ristorante e un club privato.

Accettava prenotazioni solo dagli iscritti e anche per iscriversi bisognava essere presentati.

Il meitre lo guardò praticamente schifato all’ingresso.

“Aehm,” provò a dire Stiles ma l’uomo lo zittì con un gesto.

“Non può stare qui davanti vestito così giovanotto!” Disse acido. “Non farmi chiamare la sicurezza.”

Stiles lo guardò con gli occhi sgranati.

Era così sbalordito e offeso che non si accorse dell’uomo dietro di lui finchè un braccio gli circondò le spalle e una voce simile ad un ringhio apostrofò il meitre che era sbiancato.

“Per rispetto al mio ospite eviterò di prenderti a pugni.” Disse Peter. “Sparisci.” Gli disse secco prima di dirigere Stiles dentro il locale con decisione.

Se il fuori era sfarzoso il dentro lo faceva sentire a disagio nella sua pelle.

Una cameriera li guidò all’interno dove le luci erano basse, con l’esclusione di un unico tavolo illuminato difronte all’enorme vetrata che regalava un panorama mozzafiato della città di notte.

“Dove sono tutti? Ti prego non dirmi che hai prenotato tutto il ristorante.” Stiles iniziava a sentirsi male. Come se qualcuno lo avesse infilato a forza nella storia di qualcun’altro.

“Perchè dovrei fare una sciocchezza simile? Questo ristorante è mio.” Disse Peter scostando una sedia per lui.

Stiles lo guardò per un lungo momento sentendosi mancare il respiro. 

Era troppo.

“Non dovevo venire.” Disse il ragazzo. 

“Non dire sciocchezze. Chiunque si può mettere un bel vestito, è la personalità che non puoi cambiare.”

“Tu non capisci!” Disse Stiles rosso in faccia. “Cosa vuoi che m’importi di quello che ha detto? Non dovevo uscire con te!” Gli mancava l’aria. Si appoggiò ad una colonna di marmo poggiando la fronte contro la superficie fresca mentre respirava affannosamente.

Scivolò lentamente a terra e quando le orecchie smisero di fischiargli e la vista gli si schiarì di nuovo si rese conto che una mano gli stava massaggiando le spalle con movimenti circolari.

Peter era inginocchiato vicino a lui. Abbastanza da massaggiargli le spalle ma in una posizione buffa perchè si era allungato in avanti come se cercasse di mantenersi più lontano possibile da lui.

Quando Stiles portò lo sguardo su di lui lasciò cadere la mano matenendo la distanza. 

“L’acqua che avete chiesto signor Hale.” Disse la cameriera.

“Lasciala qui e uscite tutti.” Disse lui in tonofermo ma tranquillo.

Avvicinò il bicchiere a Stiles ma lasciò che lo prendesse da solo.

“Credo tu abbia avuto un piccolo attacco di panico. Prova a bere un pochino.”

Stiles accettò l’acqua sentandosi un idiota. Dopo un minuto, seduto contro la colonna e con il bicchiere vuoto vicino si sentì abbastanza in controllo da parlare di nuovo.

“Mi dispiace.” Disse.

“Non dispiacerti. Non è il genere di cosa che puoi controllare.” Disse Peter tranquillo. Incurante dei vestiti costosi sedeva a gambe incrociate appoggiato al muro. Per la prima volta Stiles non si sentì intimidito da lui.

“Ho comunque fatto una scenata.”

“Sicuro un primo appuntamento che entrerà nella storia.”

Stiles si fece scappare una smorfia prima di rendersene conto e Peter si portò una mano al petto come se lo avessero colpito.

“Ouch!” Disse con una faccia così comica che strappò un sorriso a Stiles.

“Scusa.” Gli disse il ragazzo ma l’uomo scacciò la cosa con un gesto.

“Ecco queste sono scuse che posso accettare. Ad ogni modo so di essermela cercata. So che ti piace mio nipote.” 

Stiles strabuzzò gli occhi.

“Non è vero.”

“Per favore non insultare la mia intelligenza. Derek è un uomo affascinante, non sei il primo e non sarai l’ultimo ad avere una cotta per lui.”

Stiles era convinto di essere rosso quando il suo guacchetto. Nascose la faccia tra le mani. “Sono così ovvio?” 

“Per me? Assolutamente si. Ma sono un uomo d’affari, sono abituato a leggere le persone. Dubito che quel tordo di mio nipote si sia accoto di nulla.”

“Sono uno stupido.” Disse facendo capolino da dietro le dita con un sospiro.

“Dovresti davvero smetterla di prenderti colpe che non hai.” Disse Peter.

“Si sta per sposare; e io sto organizzando il matrimonio!”

“In effetti sembra la trama di uno di quei film rosa americani con Sandra Bullock.”

“Si ma la scena in cui mi lasci senza fiato con gesti esageratamente romantici e la tua ricchezza spropositata non è andata benissimo.”

“Accidenti ho persino lincenziato il mio meitre! Ce l’ho messa davvero tutta, me lo devi concedere.”

“Ti mancava di solevarmi tra le tue possenti braccia e portarmi in salvo.”

A quel punto erano entrambe con le lacrime agli occhi. 

“Qualcosa mi dovrò conservare per la fine della serata.” 

Stiles smise lentamente di ridere. Onestamente non avrebbe mai pensato di trovarsi a ridere sul pavimento del ristorante più esclusivo della città, solo con il proprietario e con l’unico testimone de panorama notturno.

Peter non era niente di quello che si era immaginato. Ma dalltronde neanche Derek.

Cosa stava facendo? 

“Vogliamo andare?” Chiese Peter alzandosi e porgendogli una mano.

Stiles l’accettò tirandosi su ma quando l’uomo fece per ritrarla rinsaldò la stretta.

“Stiles?” Chiese incerto.

“Posso invitarti a cena fuori?” Gli disse e Peter lo guardò letteralmente a bocca aperta.

“Prego?” 

“Cena. Io e te. Dopo tutto cose da organizzare le abbiamo davvero. Ma non ti aspettare corriodi di marmo e candelabri in cristallo.” Adesso il ragazzo lo aveva lasciato andare mettendosi le mani in tasca e evitando il suo sguardo imbarazzato.

“Cosa avevi in mente?” Chiese Peter con un ampio sorriso. Aveva chiesto a Stiles di uscire per giocare uno scherzo a suo nipote. Non si aspettava di trovarlo così…interessante.

“C’è quel ristorante italiano a un paio di strade da qui. Pare facciano cucina tradizionale posso farci ottenere un tavolo se dico che sto valutando di inserirlo nei pertner dell’agenzia.”

“Al Dente?” Chiese Peter divertito.

“Lo conosci?” 

“Abbastanza bene, è mio:” 

Stiles lo guardò malissimo.

“Però il giapponese al angolo con la trentatreesima no.” Disse prima di essere colpito.

Stiles annuì.

“E giapponese sia.”

Derek guardò suo zio entrare senza muoversi. Ad una certa aveva rinunciato a qualcunque pretesa di essere occupato e quando tutti erano andati a letto si era seduto in poltrona con una birra a fissare mestamente il camino.

Era mezzanotte passata e ormai di birre sul tavolino ce ne erano tre.

“Buonasera.” Disse con voce bassa. Non era urbiaco ma non si sentiva neanche perfettamente lucido.

Peter si voltò senza scomporsi.

“Nipote. Come mai ancora sveglio?” 

“Pensavo saresti rientrato per mezzanotte.” Disse Derek alzandosi.

“Quella fissata con Cenerentola è la tua adorabile futura moglie. Io sono un uomo adulto, avrei potuto stare fuori tutta la notte se avessi voluto. Sicuramente avrei trovato qualche attività vietata ai minori per intrattenermi.” Rispose Peter più acido di quanto avesse voluto.

Non aveva pianificato di continuare a tormentare Derek. Ma Stiles si era rivelato un ragazzo molto più interessante di quello che pensava e si meritava di meglio di quell’eterno indeciso di suo nipote.

Derek buttò le bottiglie con un po’ troppa veemenza.

“Quindi è stata una bella serata devo supporre.”

“Meravigliosa.” Disse con tono volutamente lascivo. “Magari Stiles potrebbe essere il mio appuntamento al matrimonio.”

Derek alzò gli occhi di scatto.

“Tranquillo, non ti chiederò di chiamarlo zio.” Agiiunse Peter ormai lanciato.

Derek attraversò la distanza fra di loro in due passi spingendolo contro il muro.

Ma guarda. Pensò Peter lasciandosi scappare un lamento.

“Lo devi lasciare in pace.” Gli ringhiò in faccia Derek tenendolo saldamente per il bavero della camicia.

Peter lo spinse via.

“Non è uno qualsiasi che puoi usare e gettar via.” Dise Derek lasciandolo ma senza retrocedere.

“E con quale titolo hai il diritto di dirmi qualcosa?” Disse improvvisamente serio. “IO non ho intenzione di usarlo senza serie intenzioni. Non mi sognerei mai di flirtare con lui mentre, che ne so, sto per sposarmi con qualcun’altro. Tanto per fare un esempio.” Spinse Derek via dalla sua strada per allontanarsi. Sentiva lo sguardo infuocato dell’altro sulla nuca e si fermò alla base delle scale per lanciargli un’ultima frecciatina.

“E tu nipote?” 

Sentì un rumore di cocci infranti dietro di lui.

“Cosa succede?” Chiese Talia affaciandosi.

“Niente. Nervi. Vai pure è tutto sotto controllo.” La donna sembrava poco convinta ma non insistè chiudendosi la porta dietro le spalle.

Al pianterreno Derek stava pulendo il vaso che aveva lanciato in terra. Era uno di quelli che gli aveva regalato la zia Cornelia per le nozze. Avrebbe avuto il suo bel da fare a scusarsi.

Ma era un vaso orribile e non ne avrebbe sentito la mancanza.

Non poteva andare avanti così.

Il suo cervello gli diceva che stava facendo la cosa giusta ma il suo cuore lo spingeva inesorabilmente verso quel ragazzo dalla pelle candida.

Inoltre non riusciva a capire se quello che aveva epr Stiles era un vero interesse o semplicemente una proiezione del poco entusiasmo che aveva per questo matrimonio.

Su una cosa Peter aveva ragione: Stiles si meritava di meglio. Doveva darci un taglio.

Stiles aveva dormito come non gli capitava da una vita.

Dopo l’inizio disastroso era stata una splendida serata. Il ristorante giapponese si era rivelato ottimo. Aveva già lasciato una nota a Lydia per aggiungerlo alla loro lista di contatti.

Peter si era riveleto una coversazione brillante. Intanto parlava giapponese e questo lo aveva lasciato scioccato. Anche s enon quanto la sua esperienza in fatto di cultura giapponese.

Il cervello di Stiles, soprattutto negli anni del liceo, era sempre stato una macchina vorace di nozione abbastanza random. Durante un picco di noia in un periodo di malattia si era messo in testa d’imparare la lingua. Avevaabbandonato l’idea abbastanza in fretta ma era rimasto completamente affascinato dalla vasta cultura del paese del sol levante.

Sfortunatamente era uno di quegli argomenti che non aveva mai la possibilità di discutere perchè era l’unico appassionato nel suo ristretto gruppo di amici.

Peter al contrario non solo sapeva perfettamente chi fosse Ihara Saikaku ma si era lanciato in un’approfondita dissertazione sui parallelismi tra il concetto estetico del Ukiyo e il greco Carpe Diem.

Se le lezioni di letteratura giapponese fossero state interessanti anche solo la metà Stiles non avrebbe lasciato l’università.

Avevano quasi litigato sulle mancanze e i meriti di haikai e renga. La cosa era cresciuta al punto che alcuni commensali di un tavolo vicino si erano uniti alla conversazione. O meglio uno dei due, Aurora, sembrava avere un’opinione tutta sua sulle origini della lingua giapponese in cui Stiles si era un po’ perso perchè il suo compagno, Fornace, continuava a versare sake a tutti.

Quando erano usciti si sentiva piacevolmente accaldato dall’alcol. Il sake non era così forte da ubriacarsi ma lo aveva scaldato e forse era un po’ colpa di Peter che lo aveva salutato con un altro baciamano prima diaprirgli la portiera del taxi.

In realtà voleva richiamare la limousine ma Stiles aveva minacciato di pugnalarlo con le bacchette così si erano accordati su un taxi pagato da Peter. 

“Cosa stai facendo?” Chiese al suo riflesso. 

Gli piaceva Derek…credeva. Ma sis tava per sposare, aveva senso rovinare questa cosa, qualunque cosa fosse, che c’era con Peter?

Aveva passato così tanto tempo solamente concentrato sul suo lavoro da dimenticarsi com’era fare qualcosa di diverso.

Il lavoro.

Si era completamente dimenticato che avrebbero dovuto organizzare delle cose con Peter.

E Derek lo aspettava per andare a spedire gli inviti e andare dal fioraio.

Scese i gradini a due a due quasi mancando l’ultimo perchè Derek lo aspettava nell’atrio con Jennifer. Era vestito con dei semplici jeans e una giacca di pelle nera che non poteva essere legale addosso a lui. Inoltre indossava degli occhiali da sole che lo facevano sembrare un fotomodello.

La donna stava parlando animatamente con Lydia e Allison mentre tutte e tre controllavano una lista.

“L’addio a nubilato deve essere assolutamente una settimana prima!” Stava dicendo. “Non volgio rischiare di aver borse sotto gli occhi il giorno del mio matrimonio.”

“Ma il Nemeton non accetterà una prenotazione con così poco preavviso.” Disse Allison cercando di mantenere una tono gentile. “Il locale è troppo popolare, è prenotato per almeno un mese.”

“Non m’interessano le scuse, mi sposo con un Hale, chi dobbiamo pagare?” Disse con un tono che rasentava l’isterico.

Lydia increspò appena le labbra.

“Un mese per organizzare un matrimonio di questa portata, se fosse possibile selezionare una data più lontana non ci sarebbe problema.”

A quelle parole Jennifer sembrò fare un passo indietro.

“Possiamo trovare un altro posto.” Disse laggermente nervosa. “Non avrebbe senso cambiare data ora che gli inviti sono spediti.”

“In realtà non sono ancora stati spediti, se voltete spostare la data non c’è problema.” Disse Stiles volenteroso.

L’umore di Jennifer cambiò improvvisamente e Stiles quasi sentì l’ondata di rabbia investirlo.

“Piccolo incapace! Che vuol dire non sono stati spediti! Si può sapere cosa fai dalla mattina alla sera!” La sua invettiva fu troncata da Derek che si mise in mezzo placandola.

“Stavamo andando ora.” Disse, “prima di andare a vedere le prove per i fiori. Che ne dici se stasera andiamo a cena solo noi due? Posso prenderti una sorpresa mentre sono fuori.” Jennifer lo guardò interdetta a bocca aperta.

“Io… si certo…stasera? Va bene.” Balbettò e Derek le regalò un sorriso che colpì Stiles nello stomaco.

“A più tardi.” Le disse conducendo il ragazzo fuori.

Parcheggiata nel viale davanti all’agenzia c’era una splendita Camro nera.

“Grazie.” Disse Stiles cercando di darsi un contengno.

“Di cosa.” Disse Derek fredo avviandosi verso l’auto.

Stiles quasi non ci fece caso distratto dal mezzo.

“Questa è la tua macchina? Ma è fantastica. D’ora in avanti prendiamo sempre la tua invece della berlina dell’agenzia.” Scherzò ma quando fece per aprire la portiera Derek lo fermò.

“Puoi prendere la tua?” Chiese senza  voltarsi. “Come hai sentito più tardi ho da fare.” Disse entrando in macchina e chiudendo lo sportello.

Stiles rimase a guardarlo attraverso il vetro basito.

Cos’è appena successo? Pensò confuso andando verso la macchina dell’ufficio.

Lo strano umore scostante di Derek non cambiò mentre compilavano i moduli per le racomandate all’ufficio postale. L’uomo rispose a monosillabi per tutta la mattina mentre correvano in giro per tutta una serie di commissioni improvvise che Jennifer continuava a mandargli tramite messaggio.

Durante il pranzo veloce provò a commentare il nuovo episodio di Loki ma Derek troncò la conversazione dicendo cha ancora non lo aveva visto.

Quando arrivarono al fioraio Stiles voleva sotterrarsi. Si sentiva un imbecille. Aveva proiettato i suoi sentimenti verso uno sconosciuto in procinto di sposarsi solo perchè lo trovava attraente e perchè era stato genitle con lui.

Ovvio che Derek non era interessato. Aveva una fidanzata bellissima e lui stesso sembrava così perfetto da essere stato fatto in laboratorio. 

Mentre teneva una luce bianca alzata si sentiva morire dentro. Jennifer voleva delle belle foto da poter mostrare alle amiche e il modo in cui Derek si stava dando da fare per renderla felice gli faceva un male quasi fisico.

Quella donna era un’arpia, mentre Derek era così dolce, avrebbe potuto avere chiunque. Letteralmente, persino il sexy fioraio con i tatuaggi e il piercing alla lingua aveva flirtato con lui per poi battere in ritirata quando Derek gli aveva ordinatoun gigantesco mazzo di rose per Jennifer.

“Color pesca.” Aveva specificato. “Come quelle che le ho regalato al primo appuntamento.”

Adesso il fiorario le stava mettendo insieme in un bouquet che Derek le avrebbe portato quella sera. Al loro appuntamento. Dopo il quale magari sarebbero restati in albergo.

Eppure Stiles non riusciva a credere che era stato tutto un fraintendimento.

Si rifiutava di credere che tutti i tocchi casuali e il modo in cui Derek rideva apertamente delle sue pessime battute era casuale.

“Credo possa andare.” Disse Derek. “Jennifer dice che sono perfetti. E scommetto che anche questi la lasceranno senza fiato.” Aggiunse prendendo le rose dal fioraio con uno dei suoi sorrisi. 

Stiles giurò di aver visto il povero ragazzo appoggiarsi al bancone per non svenire.

Era arrabiato, rese conto improvvisamente. 

Che avesse completamente frainteso e ad essere un palyboy fosse Derek e non Peter.

“Quindi ci vediamo Lunedì pomeriggio per scegliere il locale dell’addio al celibato?” Chiese Derek dopo aver messo i fiori in macchina senza alzare gli occhi dal messaggio che stava scrivendo.

Stiles aprì la bocca offeso pronto a mandarlo a quel paese ma si rese conto che non aveva alcun terreno per essere così infuriato.

“Ti faccio sapere!” Gli disse velenoso giarndo sui tacchi e salendo sulla sua macchina. “Addio!” Gli disse sbattendo la porta drammaticamente e andandosene davanti a uno stupito Derek.

Se non altro era riuscito a fargli alzare lo sguardo.

Derek si sentiva un imbecille mentre Jennifer saliva in macchina emettendo gridolini alla vista delle rose.

Non era colpa di Stiles se lui non era in grado di gestirsi. Non c’era nulla tra di loro, se non una complicità innocente che forse sarebbe potuta diventare un’amicizia.

Si sentiva con le spalle al muro per la storia del matrimonio e aveva proiettato su Stiles dei sentimenti che non c’erano come se potesse essere la sua valvola di sfogo.

Chi lo aveva detto che non potevano essere amici?

Gli uomini sposati potevano avere degli amici. 

Non lo diceva nessuno che doveva automaticamente rinunciare a una promettente amicizia solo perchè in un’altra vita, una dove non stava sposando la sua ex perchè l’aveva messa incinta, se avesse incontrato prima Stiles di Jennifer gli avrebbe chiesto di uscire probabilmente.

Aveva perfettamente senso.

“Dove mi porti?” Trillò Jennifer e si ricordò dell’altro motivo per cui si sentiva un imbecille.

“A casa tua.” Disse, ma si affrettò a specificare prima che la donna si creasse delle aspettative. “Non mi sento molto bene. Ho l’emicrania mi spiace. Usciremo un’altra volta.”

Ovviamente la donna mise il broncio ma se non altro lo lasciò in pace.

“Lungi da me intromettermi.” Disse Peter. Seguendo Stiles nell’ennesimo negozio. Stiles lo aveva chiamato quella mattina dicendo che non potevano vedersi perchè Allison si era sentita male ed era dovuta andare in ospedale. Quindi doveva assolutamente finire la lista di nozze al posto suo.

Peter era stato veloce a offrirsi di andare con lui e quindi erano intenti ad aggiungere un candelabro di brutto gusto alla lista di nozze.

“Ma davvero la vostra agenzia fa anche le liste di nozze?” Disse sollevando un ippopotamo di porcellana.

“No.” Disse Stiles stizzito. “Ma Allison è troppo buona e si è lasciata convincere. Non ci pagano neanche per questo. Se lo viene a sapere Lydia ci sarà da ridere.” Puntò la sezione candelari e Peter lo segui annendo comprensivo.

“Convengo che è una scocciatura ma, come dire, sembri oltremodo adirato.” Stiles strinse forte l’impugnatura del leggi prezzi che impugnava.

“Sto bene.” Disse stringendo le lebbra.

Peter lo fece voltare con gentilezza e cercò di guardarlo negli occhi sfuggenti.

“Avanti, dimmi chi è, sono ricco, se lo ammazziamo troverò degli avvocati così bravi che come minimo ci faranno ottenere un rimborso per l’incomodo.

Stiles ridacchiò.

“Sono io.”

“Allora ritiro l’offerta.” Disse Peter in fretta facendolo ridere un po’ di più.

“Io lo so che si deve sposare.” Disse lentamente. Non serviva specificare chi. “Solo che per qualche ragione ci avevo sperato. E invece ieri era tutto zucchero e miele con Jennifer. Non so perchè mi fossi convinto che potesse esserci qualcosa.” 

Peter sospirò. Aveva giurato di non intromettersi nella questione del matrimonio, ma non gli piaceva neanche un po’ veder soffrire Stiles.

“Stiles, ti posso assicurare che Derek non ama Jennifer.”

“La sta sposando!”

“Ovviamente la sposa, è incinta.”

La bocca di Stiles compiè una O perfetta e per una frazione di secondo Peter dovette uccidere violentemente un pensiero impuro che rischiava di farglielo venire duro davanti a tutti.ù

“INCINTA?” Diverse persone si voltarono ma Stiles neanche li notò.

“Per uno che lavora nel ciruito dei matrimoni sembri incredibilmente sorpeso, mi rifiuto di credere che non ti è mai capitato nulla del genere.” Disse Peter.

“Io mi occupo degli sposi! Disolito non sono incinti, tranne una volta, ma ho giurato di non parlarne mai più.” Stiles si prese un momento per assorbire l’informazione. Ma infine scrollò le spalle. “Non cambia nulla. Derek sposerà Jennifer fra dieci giorni.”

“Forse, ma non vuol dire che non sia interessato a te e puoi fidarti. Conosco mio nipote. Che ne dici di vendicarti?”
“Sai ci tengo al mio lavoro. Se combino qualche guaio Lydia vorrà la mia testa.”

Peter sollevò la leggi prezzi.

“Quello che la signorina Martin non sa non può ferirla.” Disse e Stiles gli rispose con un ghigno degno delle stregatto.

“Troviamo la roba più brutta del negozio e la mettiamo sulla lista di Jennifer?” Chiese speranzoso,

“Mio caro ragazzo. Non pensi abbastanza in grande. C’è un sexy shop a due strade da qui.” Stavolta era Peter a ghignare. “E possiamo anche comprarti qualcosa di…adeguato per l’addio al nubilato.”

“Sembri informato, non mi dirai che è tuo anche quello?” 

“Non negherò o confermerò quest’affermazione.”

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