L’eredità di Svarog

Cow-t 10. SAFE. M2. Prompt: Mitologia Slava.
Dazhbog si stagliò contro il cielo, i suoi capelli biondi rilucevano nel bagliore dell’aurora mentre Dennitsa gli porgeva le redini. La bellissima ragazza aveva i capelli ramati come sua sorella, ma la dove i suoi cappelli viravano verso il biondo alla radice, quelli di sua sorella Vechernyaya sfumavano verso una scura tonalità di mogano sulle punte.
I dodici stalloni candidi come le nuvole scalpitavano pregustando la corsa che li attendeva. Il loro fiato infuocato illuminava l’aria in piccole nuvolette che poi si dissipavano lasciando solo un’ombra di fumo a testimoniare il loro passaggio.
Dazhbog era magnifico nelle sue vesti bianche mentre afferrava saldamente le redini, il suo giovane volto luminoso come il sole. Quando suo padre Svarog gli aveva affidato l’universo da governare insieme a suo fratello Svarogich gli era sembrata un’impresa insormontabile ma adesso dopo molti cicli l’ansia era sparita lasciando posto solo ad un orgoglio che gli gonfiava il petto.
Dazhbog prese fiato lanciando un fischio deciso e i cavalli si misero in moto senza neanche il bisogno di strattonare le redini. Il cocchio si alzò nel cielo compiendo un arco; l’oro e le pietre che adornavano le rifiniture brillavano nella luce del sole restituendo lampi di luce dorata e di mille colori.
Il giorno lo seguì nella sua ascesa mentre il carro dorato attraversava il cielo.
I biondi boccoli del dio scesero lentamente il colore andando via via spegnendosi mentre avanzava la giornata.
Sulla sua pelle liscia sottili rughe si allargarono come una ragnatela, scavandosi sempre di più. Le giovani spalle si allargarono assumendo la statura di un uomo adulto quando il carro raggiunse l’apice verso metà giornata, per poi iniziare a incurvarsi quando i cavalli puntarono verso il basso nella seconda metà della giornata.
I suoi occhi limpidi iniziarono ad annebiarsi facendosi opachi, di un celeste molto pallido.
Adesso il dio non si stagliava più maestoso sul suo carro, bensì era incurvato in avanti appoggiandosi al parapetto, senza però che la sua presa sulle redini si facesse meno salda. I cavalli si lasciarono andare a potenti nitriti intravedendo la fine del loro viaggio. Il carro atterrò con la delicatezza di una piuma, mentre le dodici bestie, stanche dalla galoppata si lasciarono andare ad un respiro pesante.
Vechernyaya si fece avanti per prendere le redini allungando l’altro braccio per aiutare il padre, ormai piegato dal peso della vecchiaia, a scendere a terra.
Dazhbog avanzò lentamente verso la sua dimora celeste mentre sua figlia scioglieva le bestie, i cavalli conoscevano la strada per la loro stalla e si dedicarono a rifocillarsi per essere pronti a sostenere il loro compito il giorno seguente.
Stanco Dazhbog si stese sulle morbide coltri, il suo corpo fu avvolto da un pallido bagliore, simile in colore e intensità a quello della luna che ora illuminava il cielo.
Durante la notte il suo corpo sarebbe ringiovanito di pari passo con l’avanzare dell’astro lunare. Così che lui potesse ripetere il suo percorso nel cielo all’alba del giorno seguente e di quello dopo ancora, e così per ogni giorno fino alla fine dell’eternità.

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