La terza spirale

Cow-t 10. M6. SAFE.
Parole: 5000.
Prompt: La speranza che lascia il posto alla disperazione.
Fandom: Originale.
Tag: Human sperimentation. Mutants.
Le luci baluginanti giallognole illuminavano la serra filtrando fra le piante. Cheruby canticchiava sovrappensiero mentre eseguiva il controllo giornaliero della sua area. Le piacevano le serre delle viti: le piante si arrampicavano sugli stretti supporti che arrivano fino al soffitto lasciando solo stretti corridoi dove si spostavano i giardinieri. L’aria era umida e si era attivato l’innaffiamento automatico quindi l’impermeabile che la infagottava lesi appiccicava addosso facendola sudare ma non le importava. Lì, immersa fra le piante, le sembrava di entrare in un mondo del tutto diverso; il loro verde era così simile eppure così diverso da quello in cui era cresciuta. Sembrava quasi impossibile che al di là di quelle mura in plexigrass atermico si ergesse un mondo fatto di metallo.
In quella alcova permeata dall’odore di terra si sentiva come risucchiata in un’altra dimensione. Finito il suo turno uscì dalla serra recandosi agli spogliatoi, inserì l’impermeabile nella macchina per la sterilizzazione e si scrollò la tuta di dosso per andare alle docce.
Sapeva che diversi occhi la seguivano colmi d’invidia, era così da quando era arrivata lì. Lei era una bella ragazza, ne era cosciente, aveva i capelli del colore del grano e degli occhi verdi come le piante che tanto amava; la natura era stata generosa con lei e di questo era grata; ma le aveva procurato non pochi problemi. Diversi ragazzi nei suoi anni a scuola l’avevano avvicinata giudicandola in modo superficiale e conclusi gli studi la situazione non era migliorata. Nessuno comprendeva perché volesse andare a lavorare nella sfumatura giallo-verde, come se le belle ragazze non potesse sporcarsi le mani, le altre stagiste l’avevano isolata e sapevano che mettevano in giro voci meschine sul suo conto. Per la maggior parte del tempo si era rassegnata a stare da sola con esseri del regno vegetale e infine si era abituata.
Però quel giorno era diverso, niente avrebbe potuto turbare il suo umore. Aveva un appuntamento: per qualche ragione assurda i ragazzi di lì la osservavano con desiderio e poteva solo immaginarsi i discorsi che facessero su di lei, ma nessuno aveva pensato di chiederle di uscire. Fino ad ora.
Shaene era un ragazzo che lavorata nella zona a nord della sfumatura, nelle fattorie di clonazione. Dal momento che il turno del ragazzo non sarebbe finito prima di qualche ora, la ragazza ebbe il tempo di tornare al suo minuscolo appartamento per cambiarsi, presa dall’euforia aveva comprato un bel vestitino color pesca per l’occasione, le era costato un mese di stipendio ma era da tempo che non si concedeva niente e aveva voluto fare questa follia. La sfumatura non era disseminata di teletrasporti come il settore verde, c’erano delle grosse stazioni di teletrasporto pubblico posizionate in modo strategico che gli abitanti potevano usare.
Il traghetto sospeso la portò alla stazione e poi attese con pazienza che il segnale diventasse verde per chi era diretto alla zona delle fattorie, con la coda dell’occhio vide diverse persone girarsi, il rosa pesca non era un colore molto comune e tendeva ad attirare l’attenzione, si strinse un po’ di più nello scialle e disagio, forse andare incontro a Shaene non era stata l’idea migliore.
L’invito era stato una piacevole sorpresa, conosceva il ragazzo perché a scuola erano stati in alcune classi insieme e frequentavano più o meno lo stesso gruppo di amici. Quando le si era avvicinato in un locale verso il confine del settore giallo una sera della settimana prima le aveva fatto una tenerezza infinita. Era un ragazzone imponente, eppure si asciugava in continuazione i palmi sudati delle mani sui pantaloni e a mala pena incrociava il suo sguardo.
E pensare che quella sera neanche voleva uscire, l’avevano convinta alcune delle ragazze con cui lavorava e avevano anche scelto un locale lontanissimo. Inutile dire che dopo quella scena non le avevano più parlato.
Si scrollò di dosso quei pensieri mentre passava nella colonna di energia che l’avrebbe portata dall’altra parte della sfumatura.
Le fattorie non erano il posto più incantevole del mondo, dopo millenni in cui gli animali ibridi che I verdi avevano concepito in laboratorio venivano clonati appositamente per il macello. Adesso la sensazione di morte sembrava aver impregnato il suolo e gli edifici. Però Shaene aveva insistito, dicendo che finiva il turno tardi, almeno avrebbero potuto stare di più insieme.
Il ragazzo l’aspettava come d’accordo all’uscita della stazione di teletrasporto, aveva ancora la tuta da lavoro, sporca di olio.
Cheruby era perplessa, non si aspettava chissà che eleganza ma credeva che almeno si sarebbe cambiato la divisa grigia della sua fattoria.
In piedi vicino a lui c’era un uomo che Cheruby non aveva mai visto; indossava una tuta aderente di quelle del settore verde, di una tonalità molto scura. Non si vedevano spesso da quelle parti. Era così presa ad osservare lo sconosciuto che non vide arrivare gli uomini alle sue spalle. Due paia di mani la bloccarono ai lati e qualcuno le coprì la bocca soffocando l’urlo che le salì spontaneo, sentì la puntura fredda del metallo sul collo e in pochi secondi si sentì mancare: le forme si fecero sfocate e si accasciò fra le braccia dei suoi aggressori perdendo conoscenza.
°°°°°
Cheruby sentiva qualcosa nel buio. Era in quella fase tra il sonno e la veglia dove sapeva che stava per risvegliarsi ma qualcosa la tratteneva.
Le sembrava quasi di avere un senso in più, qualcosa che si spingesse ben oltre i confini del suo corpo. Era proprio lì, appena al di fuori della portata delle sue dita, ma c’era.
Un suono acuto la risvegliò di soprassalto prima che potesse afferrarlo.
I suoi muscoli protestarono per aver dormito sul freddo pavimento, ma perché diamine lo aveva fatto poi?
C’era un vetro davanti a lei e dietro il vetro un uomo dall’aria familiare con una tuta in PVC verde scuro.
Lo stesso che aveva visto parlare con Shaene!
I ricordi la colpirono come una mazzata.
“Buongiorno” esclamò l’uomo, la sua voce conteneva appena una nota metallica per colpa degli altoparlanti “Come ci sentiamo oggi?”
“Chi sei?” gracchiò lei, aveva la gola secca.
“Io sono il professor Corly e tu adesso sei l’esperimento 47”
Esperimento? Ma di che parlava quel tizio, si mise in piedi tremante stringendosi le braccia infreddolita.
“Dov’è Shaene? Che gli hai fatto?”
“L’ho pagato” disse Corly togliendosi dei pelucchi invisibili dalla giacca “Come pattuito, e anche le ragazze che ti hanno portato nel locale al conoscerlo, dovevamo assicurarci di allontanarti dalla tua zona per poterti prelevare senza problemi”
“Questo è impossibile”
“No, tu sei impossibile e, quanto è vera la superiorità del verde, io scoprirò com’è possibile che tu esista”
“Ma io sono una persona normale…”
“Tu sei quanto di più lontano dal normale esista e ora iniziamo” schioccò le dita e Cheruby sentì un rumore di aria compressa. Dai bocchettoni in alto un gas stava entrando nel cilindro di vetro. Non aveva dove scappare e in meno di due minuti era nuovamente incosciente.
Corly guardò la ragazza accasciarsi, i suoi assistenti la rimossero dal cilindro provedendo quindi a prelevarle del sangue e a prenderle varie misure.
I risultati che avevano ottenuto fino a quel punto erano sconcertanti, per qualche ragione quella ragazza possedeva una struttura di dna a tripla spirale. In tutta la sua lunga carriera non aveva mai visto nulla del genere. Fortunatamente i loro eccellenti agenti di collocamento avevano scovato un geniale studente di genetica fra gli studenti che avevano fatto richiesta per la loro corporazione e con i suoi agganci non ci era voluto niente ad ottenere che fosse assegnato al suo laboratorio, dopo tutto non era esagerato pensare che in quel momento probabilmente stava dirigendo la ricerca più importante del settore.
La ricerca di quel ragazzino gli era capitata a fagiolo tra le mani, adesso che avevano un esemplare vivente su cui lavorare non avrebbe più avuto problemi ad ottenere dei fondi. Accarezzò il vetro osservando la ragazza accasciata quasi sognante, con questo il suo nome sarebbe sicuramente entrato nei libri di storia.
°°°°°
Sesat Astiteman sedeva nervoso sulla rigida sedia. Era il suo primo giorno in laboratorio, non accadeva mai che uno studente fosse convocato prima della fine del suo percorso di studi, ma secondo la direttiva che gli era arrivata, il suo progetto risultava essere in linea con un esperimento di altissima priorità del Settore Verde ed era inutile che lui perdesse altro tempo sepolto nei polverosi archivi della sua accademia quando poteva completare le sue ricerche direttamente sul campo. Così aveva lasciato il suo dormitorio per trasferirsi negli alloggi riservati al personale ed aveva superato il lungo ciclo di decontaminazione previsto dal protocollo. In quella struttura per preservare l’ambiente sterile il personale vive per lo più rinchiuso all’interno, affrontando isolamenti di almeno una settimana dopo ogni uscita per assicurarsi di non portare germi estranei all’interno della struttura.
Sesat sapeva che I controlli erano maniacali ma vederli decontaminare ogni singolo oggetto che aveva portato con se era stato assurdo (nonché imbarazzante quando erano arrivati alla biancheria).
Era stata dura passare una settimana in isolamento ma era finita e la sua nuova vita stava per iniziare. Quasi sobbalzò all’annoiata voce dell’attendente venuto a prelevarlo. Il tessuto sintetico della sua tuta era di un verde particolare, con qualche tono di blu che lo rendeva quasi un colore intermedio. Sesat aveva letto nel file dell’agenzia che quella tonalità particolare era riservata ai tecnici scientifici che piuttosto che lavorare a delle ricerche sviluppavano macchinari alamente specializzati in collaborazione con il settore dei beni di lusso, quello blu.
L’inviato dell’agenzia si era voltato senza fermarsi a controllare che lo seguisse camminando svelto e sicuro fra I corridoi che a Sesat sembravano tutti uguali; lo aveva condotto in uno dei livelli inferiori, quelli dove conducevano gli esperimenti avanzati. Era sorpreso, gli stagisti di solito gestivano degli esperimenti di classe C o B ai livelli superiori, non si capacitava di come potesse aver avuto una tale fortuna. Attraversarono una serie di corridoi incontrando solo persone dalle tute verde scuro. La politica dei laboratori prevedeva che il verde delle tute andasse via via scurendosi a seconda del grado di anzianità all’interno dell’azienda. A quel livello il verde pallido della tuta di Sesat spiccava come un faro, alcune persone lo additavano passando ma nessuno li fermò, con I controlli così elevati era impossibile che fosse arrivato sin lì se non invitato da qualcuno con agganci molto in alto.
La saletta dove lo condusse era piccola ma ci rimasero giusto il tempo di fargli firmare dei documenti sulla riservatezza. Sesat si tolse il guanto per apporre l’impronta digitale sullo schermo sempre più stupito. Cosa poteva essere così grosso da richiedere un giuramento scritto?
Infine lo portarono a quello che sarebbe stato il suo laboratorio. Molte figure si aggiravano per la stanza indaffarate, gli presentarono lo scienziato a capo della ricerca il professor Timoth Corly, un uomo dal cipiglio severo che lo squadrò da capo a piedi.
“Lei deve essere il nuovo stagista” sembrava felice di averlo lì anche se era difficile a dirsi dal suo tono neutrale, eppure Sesat ebbe l’impressione che un angolo della sua bocca si piegasse leggermente verso l’alto “Quello del DNA ricombinante, ho letto la sua ricerca, ho fatto pressione io perché fosse assegnato qui, capisce bene che queste sono circostanze straordinarie e mi aspetto il massimo impegno da lei.”
“Piacere; non la deluderò.” Sesat provò a sorridere alzando una mano ma quello girò sui tacchi lasciandolo con la mano alzata come un idiota.
“Mi segua” intimò senza voltarsi. Doveva essere un’abitudine da quelle parti.
Sesat si affrettò a trottargli dietro con una sensazione strana che gli agitava lo stomaco.
“Quello che facciamo qui signor Astiteman è ben lontano dalle vaghe teorie a cui deve avervi abituato l’accademia,” camminava in fretta gesticolando con una mano mentre teneva l’altro braccio ripiegato dietro la schiena.
Si lasciò alle spalle la stanza e Sesat realizzò che era solo un laboratorio di passaggio, quello dove erano diretti era meno affollato, giusto altre quattro persone lo occupavano ma non li degnarono di uno sguardo al loro ingresso.
Anche Sesat li notò appena, la sua attenzione venne catalizzata da una grossa teca di vetro al centro della stanza. Una ragazza raggomitolata all’interno in posizione fetale sembrava dormire.
“Questo signor Astiteman è il progetto 47, anni fa, per via di uno scherzo adolescenziale è rimasta imprigionata in una cella frigorifera per tutta una notte ma al suo ritrovamento non ha riportato segni di congelamento di alcun tipo” il professor Corly accarezzò il vetro con aria sognante ignorando lo sguardo perplesso di Sesat.
“Com’è possiblie?”
Corly si volò verso di lui e finalmente il ragazzo intravide una scintilla di vita intorno a quegli occhi vuoti: “Non lo è, questo, signor Astiteman è un mutante!”
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Sesat giaceva a letto senza riuscire a prendere sonno. La piccola brandina nella sua stanza era sorprendentemente confortevole, dall’altronde un buon riposo era indispensabile anche al più geniale dei cervelli per funzionare bene, nessuna sorpresa quindi che anche gli alloggi più modesti fossero attrezzati di materassi biofunzionali che monitoravano I loro occupanti per meglio adattarsi alla loro fisionomia e alle loro reazioni inconsce.
Stanco si ridusse ad alzarsi presto e infilarsi nella doccia.
Un mutante.
Nocturnia era una grande città, I settori dei colori e le sfumature si estendevano al di là di quanto si potesse vedere dalla cima della torre più alta. Strati su strati di persone la popolavano e com’era normale giravano ogni tipo di voci; da chi si chiedeva cosa c’era oltre I confini a chi professava un ritorno della luce solare. Sesat non aveva mai avuto la presunzione di avere tutte le risposte, I suoi interessi iniziavano e finivano con la ricombinazione del DNA, era una persona semplice, al massimo pensava che sarebbe finitoa lavorare su qualche nuovo tipo di supercibo nei campi della sfumatura giallo-verde. Di sicuro non si aspettava un organismo complesso come un essere umano che aveva un evidente mutazione ed era arrivato all’età adulta passando in sordina.
Aveva visto le analisi, tre filamenti di DNA, non sapeva neanche più se classificarlo come umano. Lo sembrava senz’altro. In fondo alla sua testa, nell’angolo più buio che era iuscito as covare una vocina gli sussurrava che il suo corpo era dolorosamente consapevole che il soggetto dell’esperimento, non solo sembrava umano ma era una ragazza. Una bellissima ragazza, per comodità gli scienziati le avevano concesso dei pantaloncini molto corti e una fascia per coprire il seno, voleva essere una misura per prevenire distrazioni ma sfortunatamente quei fazzoletti di stoffa, sebbene mascherassero parte del suo corpo poco potevano fare per la sua bellezza.
Aveva una pelle più scura della maggior parte degli abitanti della città, condizione provocata dalle lampade di luce solare delle coltivazioni dove lavorava prima che Corly la catturasse. Era un tratto raro ed esotico che si aggiungeva alle morbide curve del suo copro e alla sua bellezza naturale.
Sesat scacciò quei pensieri, non era lì per ammirarla ma per studiarla. La ragazza era incosciente per la maggior parte del tempo. Il professor Corly aveva vagamente accennato al fatto che la tenevano sedata per la magior parte del tempo per questioni pratiche, lei non sembrava avere controllo sui suoi poteri e poteva essere un pericolo. Ad ogni modo stavano considerando un risveglio una volta che la camera di contenimento speciale fosse stata pronta, un po’ perché I sedativi non potevano essere più potenti di tanto per non alterare il risultato delle analisi ma comunque potevano falsare leggermente I dati, un po’ perché non sapendo bene come potesse reagire il suo copro non volevano provocare un rigetto dei farmaci causato da un uso prolungato.
Entrando in laboratorio non immaginava certo che sarebbe stato proprio quello il tanto atteso giorno del risveglio. Corly lo accolse quasi felice ed era una strana espressione da vedere sul volto sempre neutrale del medico.
“Ho richiesto doppi turni e la camera è stata preparata durante il ciclo del sonno.” Gli disse a mo’ di buongiorno, “unisciti agli altri che stiamo per incominciare!”
Un campanello di scienziati tutti muniti di pad era raccolta davanti alla parete di schermi, su quelli c’entrali si poteva osservare l’oggetto dei loro studia da diverse angolature, la ragazza dormiva ancora ma si muoveva leggemrente come sul punto di svegliarsi; sugli schermi laterali scorrevano dati dagli scan biometrici che analizzavano costantemente tutte le sue funzioni vitali.
Sesat prese posto sulla destra dove gli indicò uno dei suoi superiori e si mise ad annotare I suoi bioritmi, il battito era regolare ma l’encefalogramma si stava animando man mano che la ragazza si avvicinava allo stato di veglia.
Improvvisamente il grafico s’impennò in un picco mentre I battiti saltavano alle stelle. Un’occhiata veloce gli confermò che aveva aperto gli occhi; erano verdi pallidi, le grandi pupille si strinsero non abiatuate alla luce forte della camera dove si trovava. Il piccolo ambiente, completamente bianco e dalle pareti imbottite era completamente inondato di luce così che gli scienziati non si perdessero nulla di quello che avveniva al suo interno. Sesat si sentiva a disagio solo al pensiero, come tutti era cresciuto nella penombra predominante, illuminata solo da saltuarie luci al neon che illuminavano quanto bastava perché la gente si potesse muovere. Anche solo l’idea di luci bianche gli dava fastidio, era nato e cresciuto nel settore verde senza mai lasciarlo, l’unica volta in cui I suoi genitori avevano provato a portarlo nel settore multicolore quando era piccolo era scoppiato in lacrime dimenandosi.
La sua patologia era nota come Eterophotophobia. Era abbastanza comune di quei tempi, le persone, abituate a vivere alla luce dei neon del loro settore si sentivano male se lo lasciavano, sviluppando ansia e comportamenti paranoici che potevano anche sfociare in autolesionismo sul lungo periodo. Come quais tutti quelli affetti da questa malattia aveva ottenuto una dispensa dagli studi nel settore Multicolore e aveva potuto studiare a casa.
La ragazza non reagì bene all’ambiente, I battiti erano troppo veloci e il respiro si feceaccellerato mentre lei si raggomitolava in un angolo coprendosi la testa con le braccia. Sesat non poteva sentirla ma evidentemente stava urlando.
Quello che accedde in seguito lasciò tutti ammutoliti. Le luci trabballarono ed esplosero, gli schermi si fecero confusi fino a spegnarsi e loro rimasero lì a fissarsi senza parole.
“Chiamate la sicurezza!” Tuonò Corly. Energumeni vestiti del giallo brillante delle milizie del settore di quel colore invasero la stanza, Sesat neanche sapeva fosse loro concesso di essere all’interno del palazzo, ma evidentemente gli scienziati si aspettavano che qualcosa potesse andare storto con quell’esperimento perché I nuovi arrivati si disposero attorno all’unità contenitiva dove era confinato il soggetto aspettando disposizioni.
Nessuno si muoveva mentre Corly soppesava la situazione. Alla fine sembrò giungere ad una decisione e si rivolse al caposquadra.
“Questo è un sedativo,” gli disse porgendogli una siringa. L’uomo la accettò senza fiatare. “Quando aprirò le porte dovete immobilizzarla e somministrarglielo, non la ferite in nessuno modo e se la vostra vita per voi significa qualcosa non uccidetela!” Disse freddo, I soldati non batterono ciglio ma Sesat rabbrividì. Sapeva che il professore era un uomo freddo ma le sue minacce neanche troppo velate lo colpirono.
Quell’uomo li avrebbe tranquillamente trucidati tutti per preservare il suo esperimento.
Le persone trattennero istintivamente il fiato quando Timoth pigiò l’interruttore per aprire la cella ermetica. La grande porta posizionata sul davanti si aprì e non ne venne fuori nulla, la ragazza non si vedeva e doveva essere nascosta dietro uno degli stipiti.
“Vieni fuori lentamente,” enunciò il capo squadra. “Tieni le mani in vista e andrà tutto bene.”
Dopo un momento in cui non accadde nulla, finalmente la ragazza si affacciò abbracciandosi, tremava palesemente e non era neanche tanto strano, la temperatura nella stanza era relativamente bassa e anche se loro erano avvolti dalle tute termo-isolanti lei aveva solo un paio di miseri straccetti a coprirla.
Il caposquadra fece un paio di segni ai suoi sottoposti senza commentare poi si rivolse nuovamente a lei.
“Voltati e tieni le mani alzate.” Ma la ragazza non si mosse; aveva gli occhi fissi sulla siringa che l’uomo tneeva in mano.
“No…” disse con un tono di voce molto basso.
“Voltati e tieni le mani sollevate.” Ripetè l’uomo senza cogliere il cambiamento nell’atteggiamento della sua preda.
“E io ho detto: NO!” Disse lei portando una mano avanti con le dita spalancate.
Il caposquadra non era un uomo minuto, al contrario, ma volò in dietro come un sacco di patate. Ci fu un momento di confusione in cui gli scienziati indietreggiarono e altri soldati gridarono comandi confusi parlandosi sopra gli uni con gli altri, senza il loro capo evidentemente non avevano una chiara linea di comando, una cosa un po’ stupida ma I gialli non erano mai stati famosi per le loro superiori doti intellettive.
Timoth anche urlava, principalmente di non sparare, ma lui era stato il primo a buttarsi dietro un bancone.
Sesat era rimasto fermo sul posto, completamente spiazzato dalla dimostrazione di telecinesi, e si accorse con un secondo di ritardo che la siringa incriminata era volata ai suoi piedi.
Anche la ragazza se n’era accorda e adesso si fissavano. Sesat poteva vedere I suoi muscoli tesi a scattare se accennava a prendere l’oggetto ma ciò che lo colpì erano I suoi occhi: era terrorizzata con un accenno di lacrime che si stava già raccogliendo negli angoli. Porbabilemente era la prima volta in vita sua che usava I suoi poteri e quando il caposquadra era volato via sembrava la più sopresa di tutti.
Animato di nuova determinazione Sesat alzò un piede e lei si tese, ma il ragazzo si limitò ad abbassarlo con decisione sulla siringa mandandola in frantumi.
Ogni movimento nella stanza cessò, tutti ora tacevano; perfino il professor Corly aveva smesso di sbraitare e faceva capolino dal suo riparo.
Sesat doveva agire in fretta.
“Va tutto bene,” disse, alzando le mani come si fa con gli animali feroci. “Vogliamo solo aiutarti.” Lei aggrottò le sopracciglia a queste parole ma Sesat nonera pronto ad arrendersi.
“Mi chiamo Sesat.” Disse mantenendo la voce quieta senza far trasparire I suoi timori; “Tu?”
“Cheruby.” Disse lei con voce flebile.
“Piacere di conoscerti Cheruby, devi essere terrorizzata. Hai dei poteri, non sappiamo perché e non ci possiamo fare nulla. Quello che possiamo fare però è studiarli e aiutarti a capire come controllarli. Non ci divertiamo a tenerti imprigionata ma è un caso ecczionale, il primo nella storia umana che registra una mutazione di questa portata, là fuori potrebbero esserci altre persone spaventate quanto te. Aiutaci a capire.”
L’atteggiamento di Cheruby si rilassò un pochino e abbassò la mano riportandola ad abbracciare il suo corpo svestito.
“Hai freddo?” Disse Sesat tentando un passo avanti. Lei non diede segni di agitazione al suo avvicinamento ma annuì una singola volta.
“Portate una coperta.” Disse Timoth imperioso. Adesso era in piedi dietro il bancone ma non accennava ad avvicinarsi.ù
Uno degli attendenti si scapicollò fuori dalla stanza per tornare un secondo dopo con una sottile coperta da ospedale; in effetti sembrava più un lenzuolo ma era un materiale simile a quello delle tute; in grado di scaldarsi a contatto con una fonte di calore. Fece per portarla alla ragazza ma a metà strada sembrò cambiare idea e la porse a Sesat indietreggiando nuovamente a distanza di sicurezza.
Investito di questo incarico Sesat si avvicinò lentamente, pronto a fermarsi se lei mostrava segni di irritazione ma Cheruby si limitò ad osservarlo guardinga.
Ad un braccio di distanza gli allungò la coperta e lei la accettò drappeggiandosela istantaneamente attorno alle spalle.
Il suo stomaco scelse quel momento per brontolare qualcosa e Sesat le sorrise incoraggiante.
“Hai fame?” Lei annuì ancora e il ragazzo si avvicinò lentamente alzando un braccio con così tanta cautela che ci mise quasi un minuto a circondarle le spalle. Cheruby non si scansò anche se strinse la coperta più stretta attorno a sè.
“Troviamo un posto dove ti puoi sedere mentre ti rimediano qualcosa.” Nonostante le sue parole comunque tutti si voltarono a chiedere l’autorizzazione di Corly prima di muoversi. Quest’ultimo annuì dando brevi direttive mentre Sesat accompagnava il soggetto in un angolo sempre sotto la stretta sorveglianza delle guardie. Il caposuqadra venne portato via e Cheruby si gettò sul cibo che le portarono con voracità. Sesat le rimase vicino parlandole in tono quieto. Il ragazzo si stava comportando egregiamende, dandole alcune informazioni che avevano ricavato dai test e spiegandole che tipo di prove volevano condure con la sua partecipazione.
La osservava quasi con riverenza e Timoth osservava lui interesse mentre un’idea malsana si faceva strada nella sua mente.
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Con l’aiuto di Sesat gli esperimenti si fecero più facili. Cheruby era diffidente e si agitava facilmente alla vista di siringhe e altro ma era disposta a parlare con il ragazzo durante I test.
Era evidente che la ragazzza non controllava bene I suoi poteri; anzi non li controllava affatto, come in molte fiction sembravano strettamente correlati con il suo stato emotivo. Timoth osservò le proiezioni con una punta di disappunto. Avere laragazza sveglia si stava svelando un po’ un’arma a doppio taglio, gli esperimenti erano più facili da condurre se lei collaborava, ma allo stesso tempo nell’atmosfera rilassata le sue doti faticavano ad emergere. Spostò lo sguardo all’altro schermo, Cheruby e Sesat parlavano con le teste vicine.
Impassibile alzò al massimo il volume in tempo per cogliere la fine di una frase della ragazza.
“…attraverso I sottopassaggi; saremmo nella mia sfumatura prima di sera.”
Prevedibili come un romanzo rosa di terz’ordine I due pianificavano di scappare già da qualche giorno. Timoth non li capiva, ogni palmo dell’edificio era disseminato di telecamere, cosa speravano di ottenere bisbigliando, francamente era sorpreso di Sesat.
La ragazza non poteva conoscere I dettagli del loro sistema di sorveglianza ma il suo assistente aveva visto le telecamere, anche se quella che stava utilizzando Timoth non era registrata nel sistema, il ragazzo avrebbe dovuto immaginare che ce ne fossero altre e usare maggior cautela.
Il pomeriggio della loro fuga Timoth era pronto, aveva sfruttato al meglio il tempo di finta collaborazione che la ragazza gli aveva fornito, sebbene I test avevano dato scarsi risultati avevano potuto osservare una particolare attività celebrale che andava crescendo di giorno in giorno, le onde alfa nel cervello del soggetto sembravano quasi risuonare talmente erano intense. Il suo encefalogramma impazziva, specie durente le ore notturne, nello spazio dove I test finivano e prima che lei si addormentasse.
Ad ogni modo, al festa era finita; era tempo di ottenere dei risultati.
Cheruby era seduta nell’area dei test: un’altra sezione costruita appositamente per lei in un angolo del laboratorio. Timoth non ebbe neanche bisogno di guardare l’ingresso del laboratorio per notare l’arrivo di Sesat, Cheruby, se questo era il suo nome, s’illuminò come un neon sorridendogli.
Timoth alzò una mano e schioccò le dita. Non servì altro.
I suoi uomini, istruiti in precedenza, immobilizzarono Sesat al suolo e lo scienziato si rivolse alla ragazza che era già saltata in piedi. Timoth notò con piacere che I cilindri che il suo esperimento aveva tentato di spostare per tutta la mattina senza successo finalmente stavano tremando. La sua teoria stava per essere confermata.
“Suvvia mia cara,” disse in tono lentamente affabile voltandole le spalle con sufficienza, “non ci metteremo a fare I capricci ora, non vorremmo mai che al giovane Sesat capitasse qualcosa per colpa tua.”
Un assistente alla sua destra lasciò cadere una cartellina tirandolo per la manica con uno sguardo inorridito stampato in faccia.
“Cosa c’è?!” Sbraitò Timoth infastidito scansando il gesto.
Si voltò scocciato e gli si ghiacciò il sangue nelle vene. I due agenti che avevano immobilizzato Sesat galleggiavano a mezz’aria svenuti mentre sul vetro rinforzato dell’area test si stava allargando una crepa.
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Nessuno seppe mai spiegare la tremenda esplosione concentrata che tirò giù l’edificiò tre. Telecamere mostrarono filmati dell’edificio che si sgretolava su se stesso senzza ragione apparente.
Dalle macerie del laboratorio si sollevarono dei detriti spinti da una forza invisibile. Racchiusi da una bolla protettiva due ragazzi galleggiarono fuori. Sesat era aggrappato a Cheruby incerto mentre sorvolavano le rovine dell’edificio, la ragazza gli teneva forte la mano anch’essa poco abituata alla sensazione di volare, ma sentiva I suoi poteri saldi e non temeva una caduta.
La messa in scena che avevano ideato insieme aveva funzionato. Dall’alto della sua superbia quel viscido verme di Corly non aveva neanche sospetato che il rumore bianco che le avevano fatto ascoltare per settimane in realtà avesse sortito un effetto molto più profondo di quanto aveva dato a vedere. Era iniziato come un romore di fondo, una sensazione ai margini della sua consapevolezza che era cresciuta gonfiandosi fino a trasformarsi in una nuova consapevolezza. Istintivamente percepiva le sue capacità risvegliarsi, sapeva fin dove poteva spingersi e quali nuove abilità aveva acquisito. Ogni giorno le sue percezioni crescevano finché iniziò a sentire emozioni e pensieri, il suo mondo si era fatto più grande ed era diventata dolorosamente consapevole dei pensieri dei suoi carcerieri. Perché quello erano, nona vevano alcunaintenzione di lasciarla andare e lontano dalle orecchie di tutti ogni singolo scienziato del laboratorio aveva immaginato alemno una volta di sezionare il suo cervello. Erano disgustosi, aveva perso il conto delle volte che aveva ricevuto dei pensieri lascivi rivolti al suo poco vestito corpo.
Questo però non si estendeva a Sesat. Il giorno dell’incidente aveva percepito un cuore buono sotto quella tuta verde pallido e non si era sbagliata. Il ragazzo era sinceramnete convinto che lei poteva aiutarli a migliorare il mondo e Cheruby aveva concentrato la sua attenzione su di lui. Aveva imparato a comunicare con lui senza parole, insieme avevano partorito quel piano di fuga e recitato la loro parte di due innamorati sconsiderati.
E le più grandi menti del settore verde sell’erano bevuta.
Ovviamente teneva a Sesat ma I suoi sentimenti non si potevano definire romantici, il ragazzo condivideva questo aspetto con lei. Avevano un obiettivo comune e si trovavano bene ma il loro unico scopo era lasciare quel luogo distrutto e iniziare una vita.
Fluttuando si allontanarono prima che il luogo si riempisse di gente e nessuno ebbe più loro notizie.

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