Il suono del tuo dolore

SAFE- Missione 5: Unità Aristoteliche

Parole: 2075

 

Le loro giornate in quel periodo iniziavano tutte allo stesso modo. Con Stiles sommerso da piumoni nell’enorme letto e Derek che lo guardava per un secondo prima di toccargli una spalla con la mano per svegliarlo.

In genere la rockstar era in un costante movimento per concerti, interviste e apparizioni pubbliche.

Ma da quando erano iniziate le minacce di morte seguite da un paio di maldestri tentativi la casa discografica aveva raggiunto un mezzo accordo con gli sponsor e quindi Stiles si sarebbe preso un periodo di pausa durante le indagini preliminari durante il quale avrebbe lavorato al suo nuovo album.

E così eccoli qui. Chiusi in quella casa sicura da quasi un mese.

Erika e Isaac avevano scommesso che Stiles sarebbe morto per mano di Derek dopo una settimana e invece l’incarico si era rivelato diverso da come lo aveva immaginato.

Inizialmente Derek aveva classificato Stiles come l’ennessimo cantante belloccio popolare con le ragazzine. 

Mai prima impressione fu più sbagliata.

Non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura ma il rock di Stiles gli piaceva. Aveva un sound molto anni ottanta e la stessa figura del cantate aveva quell’aura autodistruttiva che si associava alle rockstar dei tempi andati.

Dopo i primi giorni a vederlo dimenticarsi di dormire e mangiare per giorni, Derek si era trovato inavvertitamente a prendersi cura di lui.

Quello era uno dei suoi momenti preferiti della giornata.

Quel minuto che si prendeva prima di svegliare il ragazzo per guardarlo dormire. Era consapevole fosse terribilmente inquietante ma non riusciva a farne a meno.

Stiles era così pieno di vita. Eppure c’era una certa oscurità in lui che veniva fuori quando cantava.

Era bello come un fiore velenoso. Sai che potrebbe ucciderti ma non puoi fare a meno di ammirarne i colori.

Il nero in questo caso specifico.

Il nero dei tatuaggi che intessevano una ragnatela di ricordi sulla sua pelle.

Stiles non sembrava in grado di dormire come una persona normale. Sebbene Derek gli rimboccasse le coperte giocosamente tutte le sere lo trovava sempre in quello che sembrava un campo di battaglia.

Oggi i cuscini erano sparsi ai quattro angoli della stanza e il ragazzo era mezzo arrotolato nel suo piumone. Spuntavano solo un braccio che toccava per terra con la mano e la testa, girata di lato verso il bordo del materasso per non soffocare.

Derek seguì gli intrecci d’inchiostro fino al bordo del piumone con gli occhi. Ogni mattina si trovava a chiedersi se il ragazzo si fosse anche riuscito a togliere il pigiama (che era successo in più di un’occasione) o se fosse riuscito a tenersi almeno i boxer. 

Delicatamente gli poggiò una mano sulla spalla ottenendo una specie di grugnito. 

“Jdfwjbarattolo.” Disse quella che passava come una delle più grandi rockstar della generazione.

“Puoi chiamarmi Derek.” Gli rispose l’uomo con un sorriso che sapeva sarebbe andato perduto perché il cervello di Stiles ci metteva diversi minuti ad avviarsi.

Si voltò uscendo dalla stanza.

Aveva imparato a sue spese che il cantante aveva bisogno di un po’ di tempo per svegliarsi e che insistere per accelerare i tempi era controproducente. Grazie al cielo non era il tipo che si riaddormentava una volta svegliato.

A volte si chiedeva cosa avrebbero dato i suoi fan per vederlo fare colazione.

Quella mattina era riuscito a infilarsi dei pantaloni viola di dubbia provenienza e una vestaglia di raso bianca con un enorme drago sulla schiena.  Altro indumento su cui Derek non avrebbe fatto domande.

Impiegò diversi tentativi a centrare la ciotola con i cereali a occhi chiusi; ancora intento a svegliarsi, con i capelli scompigliati tutti schiacciati da una parte per la posizione in cui aveva dormito.

“Credo di aver sognato che facevo causa a Will Smith per l’eredità mia nonna.” Disse dopo il secondo caffè. “Secondo te che vuol dire?” Gli chiese massaggiandosi il collo indolenzito dalle lunghe ore passate chino a comporre la sera prima.

“Che mangiare un intera busta di orsetti gommosi prima di dormire è dopotutto una cattiva idea.” Disse Derek divertito posizionadosi dietro di lui per massaggiargli il collo.

Stiles emise un gemito di piacere. Primo di una lunga serie mentre le mani esperte di Derek gli scioglievano i muscoli contratti. 

Derek avrebbe potuto affermare sotto giuramento di non essersi mai masturbato ripensando a come sarebbe suonato a letto; il che lo avrebbe reso un bugiardo.

“Sarebbe troppo presto per chiederti di sposarmi?” Disse Stiles roteando la testa con un’espressione soddisfatta.

“Un po’. Sono solo le dieci. Per l’ora di pranzo vorrai avere i miei figli.”

“Voglio un maschio e una femmina e li chiameremo con nomi gender neutral così potranno decidere loro cosa sono da grandi.” Disse Stiles buttando indietro la testa per guardalo divertito.

Derek lo rispinse gentilmente in avanti allontanandosi per pulire i piatti.

Per l’ora di pranzo Derek non aveva anocra attentato alla virtù di Stiles ma in compenso c’era una buona possibilità che lo avrebbe tramortito.

Aveva giurato di tenerlo in vita finché non lo uccideva non rompeva il contratto.

“Eddaaaaaaaaaaaaaaiiiiiiiiiii!” Disse Stiles cercando di tirarlo per un braccio.

“Non esiste.” Disse Derek rompendo la sua presa con un’unica mossa. 

“Solo una partita…” Disse il cantante lamentoso cercando di trascinarlo vero la televisione da dove partiva l’allegra musichetta di Mario Kart.

“Stiles sto lavorando.”

“Ti preeeeeeeego. Onegaishimasu!” 

“Non è che se mi preghi in giapponese cambia qualcosa. Adesso vai e lasciami fare il controllo del perimetro.” 

“Tu e i tuoi poligoni.”

“Perimetri.” Lo corresse Derek.

Stiles gli fece un gestaggio.

Dopo aver perlustrato palmo a palmo la casa e aver ricevuto i rapporti dei suoi uomini stabiliti nei piani inferiori e nei palazzi circostanti si trovò a domandarsi se non era stato troppo brusco.

Stiles stava ancora giocando ai videogiochi quando arrivò nel salone solo che aveva apparentemente rinunciato ai giochi di corse in favore di un altro genere.

Derek osservò Stiles muoversi di soppiatto per prendere alle spalle un alpha Scyther. Era uno spettacolo: a gambe incrociate sul divano ma proteso con le braccia in avanti e la lingua tra i denti per la concentrazione.

“C’è un unown su quell’albero.” Disse casualmente. 

Stiles quasi si sbilanciò in avanti emettendo un gemito quando si morse la lingua. Il suo alterego nel gioco non ebbe una sorte migliore scivolando dalla collina dritto tra le falci del Scyther.

Stiles abbandonò il gjoystick sul tavolino voltandosi verso di lui lentamente. Aveva una mano sulla bocca e un’espressione dolorante.

“Tu conosci i pokemon!” Disse in maniera quasi accusatoria. 

Derek fece spallucce. 

“Sono nato negli anni novanta e una volta sono stato bambino anch’io.” Disse vago.

“Negli anni novanta non esistevano gli unown!” Disse Stiles arrampiacandosi sulla spalliera del divano per scavalcarla e affrontarlo. “Tu hai giocato a questo gioco!” Disse sconcertato. 

“Questo lavoro prevede lunghe pause tra un impiego e un altro.” Cercò di spiegare sbrigativamente.

“Derek Hale. Pensavo di conoscerti ma mi sbagliavo. Chi è il tuo pokemon preferito’?” 

“Eh?” Disse Derek. A volte era faticoso seguire i balzi nella conversazione, parlando con Stiles.

“Il tuo pokemon preferito. Anzi non me lo dire. Adesso voglio fare la tua squadra.” In men che non si dica aveva preso un tablet e si era messo a trafficare con un programma di grafica.

Derek scosse la testa divertito. Se non altro Stiles non era più imbronciato con lui.

Si dovette ricredere qualche ora dopo quando Stiles arrivò di gran carriera con un collage costruito intorno ad un suo schizzo. 

“Si può sapere perché avrei tre lycanrock in squadra?” Chiese corrugando la fronte.

“E io che pensavo fosse la scelta più ovvia: sei totalmente un tipo da branco! E poi dimmi se non ti ricordano Boyd, Erica e Isaac.”

Derek si fermò prima di controbbattere. In effetti non era un’affermazione tanto astrusa.

“Va bene. Ed effettivamente ho Lucario in squadra. Ma mi spieghi perché polyoted e, soprattuto, percé ho un cubone dentro un portaenfaint?”

“Ooooh! Lo adorerai. In realtà volevi Poliwrath così hai catturato un poliwag e lo hai allenato a lungo e con dedizione. Ma poi Peter ti ha fatto uno scherzo e te lo ha fatto evolvere di nascosto in polyoted. Ma tu sei un tenerone e ci eri così affezionato che ovviamente lo hai tenuto. Stessa ragione per cui quando hai trovato un cucciolo di cubone abbandonato hai deciso di prenderti cura di lui!” Spiegò entusiasta.

“Stiles, stai scrivendo fanfiction su di me e un’immaginaria squadra dei pokemon?” Chiese Derek notando i nomi delle tab aperte. 

Stiles sbiancò in modo sospetto.

“No!” Disse in voce stranamente in falsetto stringendosi al petto il tablet. “Non so di che parli!” Disse battendo in ritirata verso la camera da letto.

Derek lo lasciò andare via ridendo internamente. 

Un altro momento della giornata che adorava era l’immediato dopo cena. Il ragazzo era iltipo di persona che produce di più lavorando qualche ora la notte che durante tutto il giorno.

Stiles era un talento poliedrico, suonava in modo impeccabile infiniti strumenti di cui il suo studio di registrazione era pieno e aveva un’ntera parete di sughero costellata di fogli e annotazioni con i testi delle sue canzoni. Derek ci aveva messo settimane prima di rendersi conto che nel comporre il ragazzo semplicemente metteva su carta i suoi pensieri più intimi. Quelli che ti colpiscono a notte fonda, quando sei solo e ti senti come l’unico essere umano rimasto sulla faccia della terra.

C’era questa cosa che faceva con un filo rosso.

Quando una melodia iniziava a prendere vita collegava con un filo di lana rossa le puntine, unendo strofe che voleva inserire nella canzone. 

Derek non era mai stata una persona creativa. Era più sul lato dell’approccio pratico alle situazioni. 

Però il modo in cui Stiles collegava quelle parole quasi in trance, canticchiando la musica che le avrebbe accompagnate gli dava per la prima volta l’impressione di capire l’arte. 

Ma erano momenti fugaci che poi difficilmente riusciva a richiamare alla mente.

Così si trovava lì, sera dopo sera, in piedi in un angolo dello studio per non disturbare il ragazzo al lavoro, con la scusa che essendo la stanza insonorizzata non avrebbe potuto sentirlo in caso di bisogno.

Stiles ogni volta accettava la sua presenza con un sorriso comprensivo fingendo di credere alle sue scuse.

Nessuno lo aveva mai visto comporre.

Era un fatto risaputo. 

Eppure aveva deciso di condividere quel momento con Derek e l’uomo non poteva fare a meno di sentirsi fortunato.

“Derek.” Lo richiamò al presente l’oggetto delle sue elucubrazioni. La musica era invasa da una musica lenta ma orecchiabile. Derek la conosceva benissimo. Era il pezzo su cui Stiles stava lavorando da un paio di settimane.

Fissò la mano che il ragazzo gli porgeva a palmo in alto senza capire.

“Cosa?” Chiese, scatenando una risatina nel suo interlocutore.

“Balla con me.” Gli disse. 

Derek si rifiutò di arrossire, probabilmente fallendo.

“Sono in servizio.” Disse fermamente.

“Ti ucciderebbe prenderti una pausa?” Disse Stiles leggermente scocciato.

“No, probabilmente ucciderebbe te. Sono la tua guardia del corpo.” 

“Appunto! Guarda il mio corpo! Meglio da vicino no? TI prego. Solo una canzone.” Lo guardò con uno sguardo strano che intaccò la sua risoluzione.

Lo stava davvero implorando, non erano i soliti capricci. I suoi occhi sembravano quasi più scuri. Come se le ombre che aveva sempre percepito in lui si stessero facendo avanti e rischiassero di sommergerlo.

Derek gli afferrò la mano fece un passo per entrare nel suo spazio personale. 

Stiles gli si aggrappò quasi disperato, artigliando la stoffa della sua giacca sulla schiena e poggiandogli la testa sulla spalla. Dopo qualche istante Derek si rese conto che aveva gli occhi serrati e un’espressione sofferente così lo strinse più forte. Si mossero insieme ondeggiando lentamente per tutta la canzone. Non si fermarono quando la musica ricominciò da capo e neanche la volta dopo. 

Quando finalmente Stiles sollevò il viso verso di lui aveva di nuovo un’espressione serena.

“Grazie.” Mormorò piano prima di dargli un bacio sulla guancia.

Si staccò da lui andando verso l’uscita lasciandolo lì con la guancia in fiamme e i pensieri che galoppavano.

“Buonanotte Derek.” Gli disse voltandosi un’ultima volta con un sorriso un secondo prima di varcare la porta e sparire dalla sua vista.

“Buonanotte Stiles.” Disse Derek sfiorandosi la guancia dove ancora sentiva la sensazione delle labbra morbide di Stiles con la punta delle dita tremanti.

 

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