Giorno di mercato

Cow-t 10. M2. SAFE.
Parole: 1690 .
Prompt: La giustizia.
Fandom: Originale.
TAG: morte di uno dei personaggi secondari. Schiavitù.

La città si svegliava presto nei giorni di mercato. L’afflusso al grande cancello occidentale era fitto sin dalle prime luci dell’alba. Contadini e commercianti confluivano da tutte le zone circostanti in occasione del o
primo giorno del ciclo lunare ogni mese.
“Herius Metilius Belenus giocare con le tue verdure non ti aiuterà a finire prima!”
Il ragazzino si bloccò colto in flagrante: “Ma mamma, devo andare o papà mi lascerà qui!”
“Non ci siamo capiti, se non finisci le verdure rimarrai qui senza ombra di dubbio.” Donna Cantilia Lucana aveva cresciuto altri cinque filgi prima di Herius, i capricci ormai le rimbalzavano addosso.
Il primo figlio, Lar Potitius Belenus, già da tempo aveva preso il suo posto nella vita politica di palazzo, era decisamente giovane per entrare in senato ma nessuno aveva dubbi sul fatto che avrebbe seguito le orme del padre, la sua mente brillante gli aveva già portato una discreta fama anche in giovane età; di recente aveva preso moglie e ora aspettavano il loro primo figlio. Flavius Veturius Belenus, il secondo fratello sfortunatamente era stato portato via da una febbre terribile quando era poco più grande di Herius e non lo aveva mai conosciuto. Anche Decius Clodius Belenus, il terzo fratello non c’era più, qualche mese prima un’imboscata di barbari aveva colto di sorpresa il suo reggimento in Gallia, era una ferita ancora troppo fresca, donna Cantilia indossava il nero sin da allora in segno di lutto. Sisenna Rufius Belenus, era più grande di Herius di pochi anni, non sembrava molto portato per politica e combattimento, ma un famosissimo filosofo, ammirato del suo talento poetico lo aveva preso come allievo e ora viveva in un’altra città, il senatore Aulus Trebellius Belenus era molto fiero di lui e non ne faceva mistero.
E poi c’era Herius, che faticava ancora ad allacciarsi i sandali in modo ordinato.
Il ragazzino emise un verso strozzato riempiendosi la bocca a manciate per finire tutto subito, non gli dispiacevano neanche tanto le verdure ma quel giorno non aveva tempo per queste cose.
Quel giorno suo padre lo avrebbe portato al mercato!
In realtà vivevano vicino alla zona della fiera ma con tanti sconosciuti in giro non aveva mai avuto il promesso di uscire a vedere le bancarelle.
Era fortunato Albatius Tertius Propertius, il suo amico. La loro villa si affacciava sulla piazza principale e gli bastava guardare dalla finestra. Gli aveva raccontato che un giorno aveva visto un uomo vendere una tigre!
Il padre di Herius era un uomo molto rispettato, più del padre di Tertius; per questo la loro casa aveva un giardino enorme ed era lontano dal mercato. Capivi subito che il padre di Herius era importante perché la gente si scansava davanti al suo incedere. Forse era perché era così alto? Herius mangiava tante uova sperando di crescere come i suoi fratelli. Sperava che un giorno le persone si sarebbe inchinate anche davanti a lui e allora avrebbe potuto anche comprarsela una tigre! Sarebbe stato bellissimo!
Qualche settimana prima aveva compiuto dieci anni e suo padre aveva decretato che doveva iniziare a capire come funzionavano le cose. Sua madre non sembrava d’accordo ma alla fine era stato invitato un tutore che lo istruisse e un istruttore che lo addestrasse.
Non gli piaceva molto addestrarsi, era faticoso e non capiva perché doveva colpire un manichino. Invece il suo tutore sapeva tutto di tutto e finalmente il ragazzino aveva qualcuno con cui sfogare la sua curiosità.
Suo padre lo squadrò da testa a piedi ma Herius era pronto, aveva messo la tunica nuova, i capelli erano ornati da un cerchietto dorato e i sandali allacciati elegantemente. Si era lavato persino dietro le orecchie per sicurezza.
“Senatore Belenus, la carrozza è qui.” Disse uno schiavo chinando la testa.
“Molto bene, andiamo Herius, e tieni le spalle dritte!”

Le persone in città erano molto diverse da quelle di palazzo, Herius osservò i ragazzini rincorrersi in strada con macellata invidia. Non c’erano stormi di servitori a rimproverarli quando si rotolavano in terra e nessuno che li rimproverava se i sandali erano legati in modo confusionario.
Le bancarelle vendevano di tutto e ogni mercante offriva a suo padre dei doni meravigliosi, chi un tessuto particolare, chi dei gioielli. C’era frutta esotica con forma e colori strani, animali provenienti da ogni dove, enormi schiavi dalla pelle più scura del cuoio.
Un omino dai vestiti strani gli regalò un corno tutto bianco, alto quasi quanto Herius. Sotto lo sguardo attento di suo padre.
“Questo elefante era alto quanto un albero!” Raccontò entusiasta mentre Herius ascoltava con la bocca aperta.
Il sanatore approvò il regalo con un cenno e il ragazzino emozionato pensò a quanto avrebbe fatto invidia ai suoi amici, doveva trovare un posto dove metterlo.
La giornata fu lunga e Herius, ansioso di vedere ogni cosa, si trovò ben presto a ciondolare stanco. Una guardia gli aveva dato dell’acqua e più volte il suo tutore aveva cercato di ricondurlo alla carrozza.
Ma non ci sarebbe stato un altro mercato per un intero mese e lui non voleva perdersi niente.
Improvvisamente la sua attenzione venne attratta da un motivetto orecchiabile, una banda di musici suonava sotto una tettoia.
Un breve sguardo a suo padre gli confermò che stava ancora parlando con il senatore Publius Trebellius Quiricus, l’uomo grassottello li aveva approcciati una mezzora prima e aveva parlato incessatemente da allora. Suo padre iniziava a mostrare segni di impazienza ma non lo aveva ancora interrotto.
Nessuno si sarebbe accorto se avesse ascoltato la banda per un po’. Il suo tutore parlava con una signorina poco vestita e le guardie si erano disposte intorno ai due senatori. Nessuno guardava nella sua direzione e il bambino si fece indietro lentamente fino a trovarsi nel drappello di persone raccolto attorno alla banda.
Cantavano in una lingua sconosciuta ma la musica era coinvolgente al punto che diverse persone muovevano la testa seguendo il ritmo pur non capendo le parole.
Herius era rapito dalla velocità con cui si muovevano le dita del menestrello sulla lira. L’occhio quasi non riusciva a seguirle.
“Herius!” Disse una voce.
Il bambino si voltò trovandosi davanti un giovane uomo dai capelli ramati, gli occhi chiari e il viso coperto di lentiggini. Gli sembrava familiare ma non riusciva a ricordare dove lo aveva visto, non poteva essere molto più grande di lui, ma portava al fianco una spada, del tipo che viene donato ai ragazzi quando entrano nell’età adulta.
La sua espressione doveva averlo tradito perché il ragazzo accennò una risata scuotendo la testa.
“Sono Atius! Non dirmi che non ti ricordi di me! Mio padre Rutilius era servitore in casa vostra fino a qualche inverno fa.”
Herius spalancò gli occhi, si ricordava di Atius, ma all’epoca era un ragazzino allampanato con molti brufoli.
Sorrise senza sapere cose dire, non erano esattamente amici. Però ricordava Rutilius, un uomo alto dalle spalle larghe, con un portamento da soldato, gli regalava sempre dei dolcetti di nascosto. Gli era dispiaciuto molto quando la loro famiglia aveva lasciato il palazzo. None ra riuscito neanche a salutarlo ma sua madre, anche lei molto triste per la loro partenza, gli aveva raccontato che c’era stata una qualche emergenza e erano dovuti partire. Evidentemente a distanza di anni erano potuti tornare in città; magari Rutilius sarebbe tornato a palazzo ora. Doveva assolutamente chiedere a suo padre.
“Lo so sono cambiato molto.” Continuò nel frattempo Atius. “Mio padre è qui dietro, sono sicuro gli farebbe piacere vederti!” Disse indicando un punto oltre la banda.
Herius esitò lanciando un’occhiata in direzione di suo padre. Era arrivata anche una donnina molto bassa che aveva preso sottobraccio il senatore Quiricus e adesso stava parlando anche lei. Suo padre aveva le labbra serrate in una linea stretta e annuiva impercettibilmente di quando in quando. Il tutore non si vedeva più e neanche la signorina che era con lui.
Cinque minuti non avrebbero fatto la differenza.
Annuì ad Atius con un sorriso e lo seguì in fretta. Oltrepassata la folla entrarono in vicolo meno frequentato e poi uno molto stretto.
“Dov’è tuo padre?” Chiese Herius fermandosi in dubbio, era sicuro che Atius gli aveva detto che era vicino ma si erano già allontanati un po’.
Atius non si voltò subito.
“Mio padre… mio padre non è più da diverso tempo, da quando tuo padre decise che era troppo amico con la signora Cantilia Lucana e lo fece giustiziare. Era innocente! Il vero amante di tua madre era il capo delle guardie! Ma tuo padre non volle sentire ragioni e ora non c’ più!”
Herius aggrottò la fronte senza capire. Atius gli aveva detto che Rutilius era qui, come poteva essere morto? E poi suo padre non avrebbe mai fatto male a nessuno, era un eroe, gli aveva detto che Rutilius era stato congedato con onore. Non gli avrebbe mai mentito.
“Ti sbagli.” Disse esitante. “Ci deve essere un malinteso…”
Atius si voltò di scatto facendo compiere un arco alla sua lama sguainandola.
“Adesso anche io avrò la mia giustizia!” Urlò caricando un altro colpo.
Herius fece un passo indietro inciampando. Finì in terra ferendosi le mani che aveva allungato per attutire la caduta ma questo lo salvò dal secondo fendente che attraversò l’aria proprio dove si trovava la sua testa un secondo prima.
Atius fece per alzare la spada una terza volta con il volto distorto dalla rabbia quando dal nulla una freccia gli passò il collo da parte a parte. Il sangue uscì con uno zampillo schizzando Herius che strillò inorridito.
Un rumore di passi in corsa gli annunciò l’arrivo delle guardie mentre guardava sconvolto Atius che si contorceva a terra dopo aver lasciato cadere la spada ed essersi accasciato. Emetteva un rumore orribile contorcendosi mentre cercava di respirare ma dalla sua gola squarciata uscivano solo suoni gorgoglianti con il sangue che si stava lentamente allargando sotto di lui.
Infine giacque immobile. Gli occhi spalancati che si spegnavano lentamente incatenati a quelli di Herius.
Gli fischiavano fortissimo le orecchie e sentiva caldo e freddo insieme. Una sensazione terribile gli attanagliava le viscere mentre lentamente sveniva. Qualcuno lo chiamava da lontano ma il suo copro era pesante e infine perse i sensi.

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