Dio li fa e poi si accoppiano

Missione 4, Prompt: NSFW.

Sentiva le gocce di sangue scivolargli lentamente lungo le tempie. Non ebbe neanche la forza di protestare quando, gli avvicinarono quell’orrido parassita con troppe gambe alla ferita che gli avevano aperto sul ventre, lo lasciarono scivolare all’interno e improvvisamente un dolore atroce gl’invase le budella. Lo sentiva muoversi dentro di lui il cielo solo sa intento a fare cosa. Dopo che ebbe urlato fino a perdere la voce perse i sensi.

Dicono che quando ti avvicini alla morte vedi tutta la vita scorrerti davanti agli occhi, ma nonostante avesse la certezza che di lì a poco sarebbe finita, tutto ciò a cui riusciva a pensare era il colloquio avuto con il comandante Ares prima che la sua vita cambiasse radicalmente.

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“Una costola rotta, due incrinate, trauma cranico, più una serie infinita di lesioni di natura minore, ho dimenticato qualcosa?” disse il comandante Ares guardando il ragazzo sull’attenti difronte a lui.

“Credo di non capire signore” rispose questi fissando senza fare una piega un punto sul muro grigio perfettamente in tono col carattere austero dell’ufficio.

“Maledizione! Cosa devo fare con te!” urlò l’umo alzandosi.

“Sono stato sfidato ad un incontro di lotta durante gli allenamenti. Non capisco il motivo di questa convocazione.” Abaddon continuò a fissare la parete senza scomporsi.

“Esatto un allenamento, delle vostre stupide rivalità non m’interessa! Ora Ladone è infermeria e sarà inabile al combattimento per settimane, e non è la prima volta che causi problemi.” Il comandante tiro u respiro profondo e si sedette nuovamente “Purtroppo non ho scelta, stavolta dovrò prendere provvedimenti seri, preparati a partire, domani ti unirai alle reclute che partono per il servizio attivo”

Abaddon corrugò la fronte:

“La ringrazio signore, da tempo desiravo unirmi alle truppe attive, ma sinceramente non capisco mi aspettavo un castigo” era da mesi che aspettava di passare all’azione vera e farla finita con quelle stupide missioni che passano alle reclute perché i soldati hanno di meglio da fare.

Il comandante sospirò ancora:

“Abaddon, il comando centrale ti ha assegnato alla milizia congiunta”

La maschera del ragazzo si sgretolò all’istante:

“LE MILIZIE CONGIUNTE? MI VOLETE INCASTRARE CON UN MAGO DA STRAPAZZO? IO DEVO ENTRARE NELLE TRUPPE SCELTE, NESSUNO è ALLA MIA ALTEZZA” sbatté il pugno sulla scrivania che si schiantò al suolo spaccata a metà.

“Questo è troppo, se non fosse la mia amicizia con tuo padre, ti avrei sbattuto fuori di qui molto tempo fa. Ma il generale Apophis mi ha salvato la vita in missione più volte di quante io possa ricordare e gli ho promesso che avrei fatto di te un fighter degno di questo nome” Il comandante Ares sostenne il suo sguardo infuriato “Domani ti unirai alla milizia congiunta. Ti assegneranno un Wizard con cui farai squadra. Cerca di essere gentile, o almeno umano. Perché se lo costringi a chiedere di essere riassegnato io lo saprò e tu sarai buttato fuori dall’esercito. È tutto!”

Abaddon gli lanciò un’ultima occhiata di fuoco prima di marciare fuori dalla stanza.

Poche ore prima dopo l’ennesimo scambio di opinioni ad alta voce con quell’idiota di Ladone, quell’imbecille lo aveva sfidato a un duello ufficiale!

Cioè combattimenti clandestini fra i fighters erano all’ordine del giorno lo sapevano tutti, finché non si facevano beccare e non c’erano feriti gravi, si poteva dire che venissero quasi incoraggiati a mettersi alla prova con le altre reclute.

Ma un duello ufficiale era diverso.

Voleva dire un supervisore e soprattutto un mucchio di pubblico, pubblico che non avrebbe esitato a darti il resto dopo la fine, se mostravi la minima esitazione. Per di più quel mentecatto non era neanche lontanamente alla sua altezza.

 

Una folla si era radunata nella sala addestramenti per assistere all’evento e ora ululava dalle gradinate dell’arena; il selezionatore causale aveva voluto che le loro armi fossero le sciabole e ne era stata procurata una ad entrambi. Mentre Abbadon soppesava la lama, Ladone si destreggiava a lanciare in aria la sua spada curva con maestria:

“Hai commesso un grosso errore amico, deve essere il tuo giorno sfortunato” riprese la spada al volo facendo una pausa drammatica. L’agitò un paio di volte in direzione di Abbadon prima di mettersi in guardia con il braccio destro alzato e la spada in posizione orizzontale all’altezza degli occhi “Quasi dimenticavo…ho passato dieci anni a perfezionare la mia tecnica”

Attese un attimo per godersi l’espressione sgomenta del suo avversario ma questi non sembrava minimamente turbato.

“Sai ladone, c’è una cosa che ho sempre pensato: più una persona passa tempo a raccontarti quanto sia brava a fare qualcosa meno c’è da credergli, pensi di potermi far cambiare idea?”

Il giovane soldato si lanciò a tutta velocità verso Abbadon che non sembrava altrettanto pronto alla lotta. Ladone, che ormai incombeva sul suo avversario, alzò le braccia pronto a colpire.

Abbadon dal canto suo stava fermo in piedi con le mani lungo i fianchi. Non sembrava intenzionato a spostarsi. All’ultimo secondo, quando la lama stava già calando su di lui fece un singolo passo di lato. Ladone, seguendo la spinta del colpo, si sbilanciò in avanti rischiando di cadere. Si voltò furioso ma Abbadon lo attendeva al varco: lo colpì alla bocca dello stomaco con una potente gomitata; il biondo tossì cercando di recuperare aria coprendosi la parte lesa con una mano. Ansimante si lanciò di nuovo verso l’avversario che stavolta non si spostò: schivò la lama e afferrò con decisione il polso di Ladone per poi portarsi il suo braccio su una spalla e spingere con tutte le sue forze. Il pubblico trattenne il respiro mentre lo sfidante compieva un arco in aria atterrando sulla schiena con un gemito. Possedeva un minimo di addestramento come aveva già ampliamente preannunciato, infatti rotolò per tornare sulle gambe e si scagliò contro Abbadon; ma dovette inchiodare di colpo.

Quest’ultimo con un ghigno quasi malefico gli puntava la sua stessa spada alla gola. La sua postura sembrava annoiata: con le spalle rilassate e il braccio alzato quanto bastava per mantenere la punta della spada sulla gola di Ladone.

“Non sei male” commentò spingendolo indietro con la lama “Probabilmente avresti vinto contro qualcun altro: ma io ho passato tutta la vita a lottare contro avversari più forti e più dotati di me” adesso il sorriso era sparito e il tono si era fatto quasi velenoso “Il combattimento finisce qui!” abbassò la lama e la conficcò con forza nel materassino che faceva da pavimento.

Ovviamente Ladone non prese bene la cosa, come voltò le spalle gli si gettò addosso ma Abaddon lo aspettava al varco. Si girò appena in tempo per afferrarlo per le braccia, lasciandosi rotolare sulla schiena, lo trascinò sotto di sé e iniziò a tempestarlo di colpi come un maglio.

Lo aveva distrutto (con una certa dose di soddisfazione), ma ora era nei casini. Gli avrebbero riso appresso tutti i fighters dell’esercito quando si sarebbe saputo che si trascinava appresso un wizard.

Arrivato in camera sua si infilò sotto la doccia, doveva trovare il modo di mettere fine il prima possibile a questa farsa. L’alba del giorno dopo lo investì dall’oblo della nave dove si trovava.

Fra le altre reclute c’erano alcune sue vecchie conoscenze come Oni, Grendel, Banshee e Efreet ma non aveva degnato nessuno di un saluto.

La notizia si era diffusa in fretta e la gente aveva il buon senso di stargli lontano, il suo malumore aveva un’aura quasi palpabile.

Mentre la superficie di Titano si allontanava regalando a tutti una visione panoramica della base dei fighters lui fissò trucemente un altro satellite di Saturno, Encelado, visibile in lontananza e sede dei Wizards.

In quel momento una nave piena di giovani Wizards si stava dirigendo come la loro verso la fascia di asteroidi che circondava il sistema solare. Da lì venivano guidati gli attacchi e le missioni verso lo spazio esterno.

Abaddon chiuse gli occhi, aveva il tempo di rivedere il piano ancora una volta.

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Camera 45

Era quella.

-Mantieni la calma, sai cosa dire, non lo spaventare, ti serve- si ripeté un’ultima volta.

Fece un passo avanti e la porta automatica si aprì.

Davanti a lui, la divisa nera e argentata dei Wizard e una pila di libri in mano il suo nuovo compagno di squadra si voltò.

“Ciao” disse con un sorriso esitante.

Le parole gli si bloccarono in gola. Capelli lunghi e castani e due occhi azzurrissimi.

Una ragazza! Gli avevo affibbiato una ragazza!

Tutta la rabbia che tratteneva dal giorno prima espose.

L’afferrò dal colletto della divisa facendole cadere i libri e alzandola fino quasi a sollevarla da terra.

“Cos’è una specie di scherzo?” gli urlò a pochi centimetri dal naso “Ascoltami bene tu, so che alcuni Wizards sanno alzare muri invisibili, ne sei capace?”

Lei annui lentamente fissandolo con uno sguardo indecifrabile.

“Molto bene, innalzane uno in mezzo alla stanza, se tu lascerai in pace me io lascerò in pace te e ci potremo dimenticare di questa storia quanto prima”.

Vide il colore dei suoi occhi scurirsi di colpo poi fu sbalzato all’indietro sul letto, per qualche secondo quella che sembrava una solida parte si parò fra loro poi andò schiarendosi lentamente fino a tornare invisibile.

La ragazza era di spalle, a un suo gesto i libri caduti s’impilarono sul tavolo, poi lei uscì dalla stanza senza degnarlo di uno sguardo.

Decisamente la prima parte del suo piano era riuscita ma non era più tanto convinto che fosse una cosa buona.

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Ormai non sentiva più il dolore anche se continuavano a colpirlo, i suoni gli arrivavano come da lontano permeati da un ronzio continuo. Vide arrivare il colpo successivo come a rallentatore, offuscato dal sangue che gli colava sugli occhi. Un montante, anche così ridotto gli venivano in mente almeno tre modi per schivarlo e rispondere. Schivò il pugno con un passo laterale, afferrando il polso del suo avversario e con uno strattone deciso e una ginocchiata alla bocca dello stomaco mise fine allo scontro.

Gli altri fighters raccolti a cerchio esplosero mentre i compagni della sua ultima vittima lo portavano via, era il terzo avversario di fila che atterrava, e il quinto dall’ora di pranzo.

La sosta alla base Atlantide nella fascia di asteroidi non era durata, tutte le nuove reclute erano state immediatamente inviate nel sistema di 51 Pegasi.

Ora si trovava su Laputa, l’enorme base orbitante militare in orbita intorno a Bellerofonte e, come ogni matricola doveva fare i conti con la legge della jungla.

“Con questi quanti sono oggi?” Gli chiese un alto ragazzo biondo affiancandoglisi mentre si allontanava.

“Sette da stamattina” rispose con noncuranza Abaddon.

Era stato un piacere ritrovare Azrael lì, si erano guadagnati insieme il nome operativo di angeli demoniaci molto tempo prima. Un po’ meno piacevole era stato scoprire che ora era nella milizia congiunta, di sua spontanea volontà!

“Quello che mi stupisce è che c’è ancora qualcuno che abbia voglia di sfidarti, ormai sei qui da due settimane dovrebbero aver capito l’antifona” aggiunse Azrael mentre entravano nella mensa. Lo sguardo di Abaddon si soffermò solo per un secondo su un tavolo di Wizard, per poi distogliersi subito.

“Ancora non ti parla eh?” Commentò Scilla accodandosi a loro.

Era una fighters presentatagli da Azrael, era nella milizia congiunta da quasi un anno e era famosa per essere una dei pochi fighters a non aver mai cambiato Wizard in così tanto tempo.

“Si ed è perfetto così” rispose lui secco.

“Se lo dici tu, io annoderei volentieri il collo a Cariddi qualche volta ma dopo che le ho visto fermare i proiettili con la mente l’ho rivalutata, nonostante l’istinto omicida si può dire che la rispetto” disse servendosi le patate.

“Vivern invece mi ha sorpreso per la prima volta quando l’ho vista smascherare un assassino semplicemente leggendo le sue emozioni” disse Azrael.

“Ciao ragazzi, vi abbiamo tenuto il posto” li interruppe una ragazza con i lunghi capelli ramati raccolti in una miriade di treccine, andandogli incontro “Dove eravate finiti?”

“Ciao Lerna” salutò Azrael “Ho dovuto strappare la nostra superstar ai suoi ammiratori” aggiunse dando una pacca sulla schiena ad Abaddon.

“Non mi dire, quanti sono oggi?” chiese Scilla.

“Sette dicono i sondaggi”

“Sette? Dopo due settimane? Fortuna che Leviatan mi ha impedito di provare a spaccarti la faccia Fenril”.

L’accenno di sorriso sul volto di Abaddon si congelò sentendo quei nomi.

Azrael accorgendosene si schiarì la voce rumorosamente per distogliere l’attenzione da lui:

“Quello non è Nemeo, Lerna?”

Un ragazzo alto con le spalle alte e i capelli biondo cenere lunghi fino alle spalle si stava avvicinando a grandi passi.

“Lerna” disse alla ragazza con le treccine “Ci hanno assegnato una nuova missione, il comandante ci vuole a rapporto fra un’ora. Ti aspetto davanti al suo ufficio” comunicò formalmente alla ragazza per poi allontanarsi.

“Giusto il tempo di mangiare” commentò lei avvicinandosi al tavolo dove li aspettava Ghoul.

Quest’ultimo silenzioso come sempre rivolse un cenno di saluto ai nuovi venuti alzando appena gli occhi dal libro che stava leggendo.

“Che tipo è Nemeo?” chiese Azrael.

“Non so bene come spiegarmi, a volte credo che sia idiota. Per esempio, l’altro giorno è scappato in bagno solo perché mi stavo cambiando in camera, mentre altre volte non capisco assolutamente che gli passa per la testa. Tipo ieri, ero in ritardo per quella stupida assemblea generale mattutina e l’ho trovato che mi aspettava fuori dall’alloggio”

“Per?” incalzò Scilla

“Mi ha teletrasportato…si dice così? Insomma, ci siamo trovati istantaneamente davanti alla sala conferenze e ho fatto appena in tempo ad entrare, non mi ha neanche chiesto nulla in cambio, semplicemente mi voleva aiutare” Lerna scrollò le spalle.

Abaddon scattò in piedi zittendo tutti.

“Mi è passato l’appetito, vado a farmi una doccia prima che qualche altro pallone gonfiato cerchi di sfidarmi” annunciò con un tono che non ammetteva repliche.

Mentre attraversava la sala la folla si divideva davanti a lui, tanto i fighters quanto i wizards cercavano di non intralciarlo.

Quei discorsi gli mandavano il sangue alla testa.

Erano fighters dannazione! Avrebbero dovuto salvare la situazione con la loro struttura fisica potenziate e il loro superiore addestramento, e invece eccoli lì seduti come un branco di comari a spettegolare sulle gesta dei loro wizards. Cosa ci poteva essere difficile nello spostare gli oggetti col pensiero? Incassare un pugno e restituirlo, quello era difficile. A cosa poteva servire far soffiare il vento o far sbocciare i fiori? Saper pianificare un assedio, quello poteva essere utile.

L’unico potere interessante che mai aveva in azione era la capacità di risanare le ferite, ma se il prezzo era scambiare le rifiniture dorate della sua divisa con quelle argentate dei wizards preferiva la morte.

Entrò in camera sua a passo di carica ancora immerso nei suoi pensieri e lanciò un’occhiataccia all’indiretta causa di tutti i suoi mali.

Appena arrivati a Laputa un messaggio di benvenuto nella loro cabina li aveva informati che in virtù della loro nuova assegnazione i loro operativi erano cambiati. Ora erano Fenrir e Gleipnir. Il lupo demoniaco e la sua catena indistruttibile. Se non fosse stato per l’inatteso incontro con Azrael, ora Leviatan, sulla strada per gli uffici dei comandanti probabilmente si sarebbe messo nei guai subito.

Gleipnir dal canto suo non aveva detto nulla, era sparita dalla loro stanza fino al giorno dopo, ma non aveva commentato in nessun modo. Conduceva la sua vita apparentemente felice d’ignorarlo.

Non che avessero mai parlato.

Da quel giorno ad Atlantide non si erano mai rivolti la parola, non solo, la ragazza si comportava come se lui non fosse mai esistito.

Si era accorto quasi subito che la barriera fra di loro oltre a dividerli fisicamente tratteneva anche i suoni quindi contava che lei non avesse sentito il suo verso di sorpresa la prima sera, quando l’aveva vista uscire dal bagno mezza nuda, evidentemente l’imbarazzo non era di casa, o forse semplicemente lo ignorava su tutta la linea. Non si era sorpreso per la nudità tuttavia, ne aveva vista a bizeffe di donne nude in vita sua, lo shock era dovuto al fatto che aveva delle brutte cicatrici sulla schiena. Era quasi certo che i wizard potessero cancellarle con la magia quindi si chiedeva perché le tenesse.

Anche se si era abituato a vederla girare svestita non poteva dire di essersi abituato all’essere ignorato. Come in quel momento, con indosso solo una canottiera e dei calzoncini, aveva inscenato uno spettacolo di dubbia natura nella sua metà della stanza. Con un piede appoggiato alla sponda del letto, stava fingendo di suonare un qualche strumento di natura ignota e, almeno così presumeva Abaddon dalla sua bocca che si apriva a vuoto, cantando.

Si riscosse, rendendosi conto che: primo qualcuno avrebbe potuto vederla dal corridoio (conciata così non passava certo inosservata), secondo era rimasto a fissarla come un imbecille per almeno un paio di minuti. Quando la porta si richiuse alle sue spalle si buttò sul letto affondando il volto nel cuscino.

Decisamente c’era qualcosa che non andava nel suo piano:

1) Mettere in chiaro chi comandava con il mago da strapazzo.

2) Proporgli una tregua/reciproca indifferenza civile.

3) Spaccare la faccia a qualunque fighters pensasse di poterlo trattare da matricola.

4) Rimediare una missione.

5) Portarla a termine da solo.

6) Dimostrare al comandante Ares, a suo padre e a chiunque altro che era il miglior fighter di tutti i tempi.

7) Accettare modestamente di entrare nelle truppe scelte.

Eppure, non gli assegnavano missioni, quei dannati fighters, continuavano a sfidarlo, quelli che dovevano essere i suoi compagni si mettevano a lodare i wizards e quella strana creatura con cui divideva la camera sembrava restia a finire di vestirsi.

Alzò stancamente la testa dal cuscino, Glepnir era sparita nel nulla, ma nell’aria proprio dove si doveva trovare la parete invisibile alleggiavano chiaramente delle lettere.

“If nothing go right, go left” lesse ad alta voce, poi scattò a sedere come una molla fissando quelle parole che lentamente sbiadivano davanti ai suoi occhi.

Quando furono del tutto scomparse Gleipnir tornò in stanza ignorandolo come sempre e si mise a scrivere su uno di suoi quaderni come tutte le sere.

Fenrir si lasciò cadere sul letto come svuotato.

Era stata lei? E se era stata lei perché lo ignorava adesso? Poteva anche dirglielo a voce? Cioè no lui era stato chiaro però….

-If nothing go right, go left-

Le parole gli balenarono in testa ancora una volta, come a volergli dare una risposta che lui non poteva capire.

“Molto bene” si disse “Se non mi vogliono dare una missione, me ne procurerò una”.

Dall’altra parte della stanza un sorriso venne nascosto da una cortina di capelli castani.

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Sentiva che i suoi aguzzini gli stavano parlando, le loro voci gli arrivavano come da lontano; sapeva che qualcuno aveva cercato di curarlo pensando che altrimenti sarebbe morto, ma era stato fermato.

“I fighters hanno una costituzione fisica particolare, tramite un allenamento speciale il loro corpo diventa in grado di adattarsi magicamente a condizioni estreme”.

“Credevo che solo i wizards potessero usare la magia”

“Infatti, non è una magia volontaria è una capacità inconscia che acquisiscono, risponde più alle loro emozioni che alla loro volontà”

Le labbra tumefatte gli si piegarono in un sorriso. Lui non aveva mai cercato la magia, eppure ricordava distintamente una volta che la magia lo aveva trovato comunque.

“Una missione di gruppo?” chiese Scilla.

Erano seduti nel grosso ricreato al centro della base.

“Si, al momento la più interessante è nel sistema Gliese, sono stati rapiti i familiari di alcuni esponenti della politica, per questo non hanno potuto sporgere denuncia ufficialmente e la missione sarà sotto copertura” Abaddon li guardò a uno a uno cercando segni di reticenza.

“Io non posso partecipare, fra un’ora parto per la missione che ci hanno assegnato ieri” disse Lerna.

“Io non saprei, dovrei avvisare Cariddi” disse Scilla.

“Adesso chiedi anche ai wizards?” disse velenoso Azrael.

Scilla scattò in piedi fronteggiandolo:

“Io non chiedo il permesso a nessuno, men che meno a te. Sto solo dicendo che devo avvisarla di non accettare missioni mentre non ci sono”.

“Per me va bene” disse Ghoul sorprendendo tutti.

“Ecco questo è parlare da Fighters” fece Abaddon “E tu Azrael?”

“Mi chiamo Leviatan ora” rispose il ragazzo seduto un po’ in disparte “Effettivamente la missione di Kepler m’interessa, ma dovremmo essere almeno cinque e ci ha messo gli occhi sopra anche il gruppo di Ammit”

Abaddon strinse i pugni.

“Ancora lei, oggi mi hanno sfidato altri due dei suoi, continua ad aizzare gli altri contro di me ma non si decide a sfidarmi apertamente”

“Indipendentemente da lei dobbiamo trovare una quinta persona” disse Leviatan “Suppongo che i wizards siano fuori questione”

“Supponi bene”

“Possiamo chiedere a Cerbero, il suo wizard ha avuto un infortunio e è confinato nella base da due settimane” disse Scilla.

“Cerbero?” chiese Lerna “E chi è?”

“Sarebbe Kraken, ha cambiato operativo quando è stato assegnato a Orfeo” spiegò Leviatan “Se vi ricordate è quel ragazzo che viene dal pianeta acquatico Nereo nel sistema Kepler 186”.

“Avete idea di dove possiamo trovarlo?” chiese Abaddon.

“A quest’ora starà già in fila per la mensa, ha un appetito pantagruelico” disse Scilla con aria rassegnata.

Infatti, fu lì che lo trovarono.

“Dite davvero?” Cerbero li fissò speranzoso da sopra il panino, come la maggior parte degli abitanti di Nereo aveva i capelli biondo platino e la pelle di un colorito bronzeo “Sto impazzendo chiuso qui, ma in infermeria dicono che Orfeo è ben lungi da uscire dalla quarantena per l’infezione di quel virus”.

“Quindi ci stai?” chiese Abaddon.

“Possiamo partire anche subito per quanto mi riguarda” i due ragazzi si strinsero gli avambracci.

“Tu!” Abeddon si voltò solo per trovarsi davanti una ragazza che lo fissava alterata “Hai richiesto la missione su Zarmina”

“Ammit” la salutò lui “Vedo che le notizie volano”

“Non fare l’ingenuo, è ora che impari dov’è il tuo posto ragazzino” Alle sue spalle i suoi tirapiedi si diedero delle gomitate ridendo di lui.

“Non dirmi che è finalmente arrivato il giorno in cui mi sfiderai apertamente? Sono stufo di vedermela con i tuoi tirapiedi, ha chiamato l’infermeria dice che stanno finendo i letti”

La ragazza sgranò gli occhi, dovevano essere anni che nessuno le parlava così.

Abaddon raccolse le sue energie preparandosi al combattimento; sentì le ossa rinforzarsi e i riflessi acuirsi.

Dopo aver schivato il primo pugno e parato il calcio seguente si chinò mirando al costato, ma venne prontamente bloccato. Lei provò una presa al polso ma lui si divincolò con una torsione saltando indietro.

“Che fai scappi? Cagnaccio” gli urlò Ammit.

Sentì il sangue andargli alla testa, afferrò una sedia e gliela lanciò contro mentre le sue forze si moltiplicavano insieme con la sua rabbia. Ammit schivò la sedia ma non vide arrivare il calcio rotante che la prese in pino viso.

Si rialzò barcollando in una maschera di sangue con il naso sicuramente rotto. Dopo essersi lanciata uno sguardo alle spalle scoprì che Leviathan e gli altri fronteggiavano il suo gruppo tenendoli lontani dal combattimento.

“La missione su Zarmina è nostra” sentenziò Abaddon “Ritirati finché almeno il tuo orgoglio è ancora intatto”

“Fenrir!” il grido di Ghoul lo colse alla sprovvista facendolo voltare di scatto.

Basilisk, il braccio destro di Ammit, che si era tenuto in disparte fino a quel momento gli aveva lanciato un coltello. E lui non poteva evitarlo, ma non era la pugnalata il problema, non era la prima che riceveva e non sarebbe stata l’ultima probabilmente. Il problema è che Basilisk non era un grande combattente né tanto meno poteva contare su una costituzione imponente, quindi come l’ultimo dei codardi era specializzato nel l’uso dei veleni.

Il pugnale si arrestò a pochi centimetri dal suo petto, fermo immobile a mezz’aria per poi cadere con un clangore a terra.

“Magia!” urlò Ammit “Ti sei fatto scudo con la magia!”

“Soldato Ammit e soldato Basilisk!” la voce profonda sovrastò i suoi strilli.

La folla si aprì davanti a una figura che emanava autorità vestita di nero con un lungo mantello nero bordato di argento. Il generale Baldr, uno dei wizards più potenti della federazione.

“Seguitemi” ordinò. La sua voce sembrava pervasa dalla quiete che precede la tempesta.

“Signore…” provò a dire Ammit.

“Silenzio cadetto sono già al corrente dei fatti, ora venite con me”

Ammit gli riservò un’occhiataccia e Basilisk fece sparire il suo pugnale prima di seguire il generale. Ma l’attenzione di Abaddon era altrove, stava setacciando la sala con lo sguardo, non gli sembrava di vedere i wizards dei suoi amici, eppure qualcuno doveva aver fermato quel pugnale.

I suoi occhi ne incontrarono un altro paio blu.

Gleipnir gli stava regalando un altro dei suoi sguardi indecifrabili dall’altra parte della sala semi nascosta dietro il bicchiere di succo che stava sorseggiando.

Un altro ragazzo dall’aria familiare le aveva poggiato una mano sulla spalla e le stava parlando sottovoce, era un wizard e Abaddon non riusciva a ricordare dove lo aveva già visto, forse era amico della ragazza.

Improvvisamente lei interruppe il loro contatto visivo, spostò la mano del ragazzo e uscì dalla sala.

“Fenrir, tutto bene?” gli chiese Leviathan accostandoglisi.

“Smettila di chiamarmi così!” gli rispose forse più bruscamente di quanto avrebbe voluto prima di piantarlo lì in asso. L’aveva cercata ovunque, non sapeva neanche lui per dirle cosa.

Di non provare ad aiutarlo mai più, con o senza la magia? Che Ammit e Basilisk erano in isolamento fino al ritorno del generale dei figthers da una missione segreta? E poi cosa…

“Perché l’hai fatto?” le parole gli uscirono dalle labbra risuonando nell’alloggio vuoto.

Si era convinto che potesse essere nell’unico luogo per lui irraggiungibile; al di là di quel muro che lui stesso aveva voluto. La porta del bagno era chiusa.

Si stese sul letto in attesa. Gli avevano confermato che la missione nel sistema Gliese e sarebbe partito molto presto, eppure in qualche modo non si sentiva tranquillo a lasciare quella situazione in sospeso.

Con la coda dell’occhio vide la porta del bagno aprirsi e scattò a sedere, ma le parole gli si bloccarono in gola. L’aveva vista infinite volte in divisa e infilata in sgargianti pigiami che facevano a cazzotti con i capelli, non era pronto una cosa del genere.

I capelli castani, erano raccolti in una complicata acconciatura che le lasciava scoperto il collo e indossava un vestitino rosso chiaro lungo fino a sopra il ginocchio.

Si rese conto di essere rimasto a bocca aperta solo quando, dopo avergli voltato le spalle senza degnarlo di uno sguardo, lei uscì. Abaddon saltò in piedi inseguendola, ma lo attendeva una brutta sorpresa nel corridoio.

Gleipnir stava abbracciando il ragazzo che era con lei quella mattina, anche lui era vestito bene, dovevano avere un appuntamento, e per la seconda volta in pochi minuti le parole gli mancarono, si era appena ricordato chi era quel ragazzo.

Il wizard di Ammit. E lei lo stava abbracciando.

Sentendosi un perfetto idiota li oltrepassò cercando di mettere insieme due pensieri che avessero un senso:

  1. Lui aveva tagliato i ponti con la sua wizard.
  2. Lei per un motivo ignoto gli era andata in aiuto una, forse due volte.
  3. La sua wizard usciva con il wizard di Ammit la sua peggior rivale.
  4. La sua wizard usciva con qualcuno!

Come si permetteva? Lei era sua! Non solo sembrava del tutto indifferente alla sua presenza, ma adesso osava rivolgere lo sguardo su qualcuno che non fosse lui!

L’incoerenza del ragionamento gli fece digrignare i denti, con un urlo inarticolato colpì la parete.

Come una furia si diresse in palestra, un po’ di sano allenamento gli avrebbe svuotato la testa da quella roba.

°°°°°°°°

Quel bastardo di Giano, doveva spaccargli la faccia quella sera se avesse saputo, ma col senno di poi tutto appare diverso.

Fatto sta che lui problemi non se n’era fatto, Abaddon era quasi certo che il naso rotto che si ritrovava era opera sua, lo stupore che aveva provato nel trovarlo alleato con i suoi aguzzini aveva superato persino il dolore del parassita che gli rodeva le interiora.

Da tempo aveva smesso di sperare in un’azione di salvataggio, erano passati giorni, probabilmente gli altri erano stati catturati ed erano in altre stanze come quella, quei bastardi l’avrebbero fatta franca, l’accademia avrebbe dato per dispersa in azione la loro squadra e avrebbero affidato a Gleipnir un nuovo fighters.

La disperazione che aveva cercato di tenere a freno fino a quel momento lo assalì, mischiate con il sangue le lacrime iniziarono a scorrergli sul viso bruciando a contatto con le ferite.

Singhiozzando in silenzio in quella cella si chiese a che era servito tutto l’allenamento e i sacrifici che l’avevano portato fino a quel momento.

La missione era partita come una cosa tranquilla, il cargo trasportava delle gemme di cristallo lunare, alcune delle più preziose dell’universo. Loro erano stati assunti come protezione aggiuntiva ed erano stati mischiati con le truppe regolari per garantire l’effetto sorpresa. Per quella ragione non erano richiesti wizard, la richiesta era arrivata su Atlantide solo perché era la base più vicina.

Fatto sta che mentre attraversavano una cintura di asteroidi erano caduti in una trappola: un’astronave nascosta aveva gettato delle bombe elettromagnetiche contro lo scafo magnetizzandolo e gli asteroidi che contenevano un’alta percentuale di materiale ferroso erano stati attirati compromettendo la traiettoria di volo con la loro massa. Quando la nave aveva iniziato ad andare alla deriva erano pronti all’abbordaggio, solo che non era mai avvenuto, perché i loro aggressori erano niente meno che gli altri membri della scorta. Da quello che aveva capito dagli stralci di conversazione rubati, il colosso delle industrie laurenziane li aveva comprati per farli tradire.

Era un brutto giro, si trattava di ricchi che non avendo meglio da fare si erano lasciati andare al peggio dei vizi, avevano comprato un intero sistema solare sterminando o schiavizzando la popolazione e avevano aperto questa specie di club privato attirando altri come loro.

Fenrir aveva provato le loro perversioni sulla sua pelle, infatti in molte occasioni a torturarlo erano stati proprio alcuni di quei pazzi sadici, godevano delle sue urla.

Poi c’era stata quella volta che lo avevano drogato per eccitarlo e dopo averlo legato ad un supporto dotato di tutte le stringhe necessarie a tenerlo immobile, si erano assicurati che pur rimanendo eccitato non trovasse soddisfazione applicando una fascia di ferro alla base del suo membro. Aveva ricordi confusi di ciò che era venuto dopo, era sicuro di essere stato cavalcato da diverse donne e probabilmente anche da qualche uomo. Si era risvegliato solo in seguito completamente svuotato e pieno di squarci mal risanati che non sapeva come si era guadagnato.

Sapeva che quello era l’ultimo giorno della sua vita. Intorno a lui alieni di ogni specie ridevano e brindavano. Avevano dato una festa e lui se ne stava lì in un angolo del palco con le braccia legate in alto, aveva un cappio intorno al collo anch’esso appeso sopra la sua testa in modo che dovesse tenersi in equilibrio sulle punte per respirare. Quando era troppo stanco e gli cedevano le gambe iniziava a soffocare. Era una tortura fine a sé stessa.

Quella era una festa e lui era un’attrazione, alla fine della sera lo avrebbero ucciso, ne era sicuro, i suoi dubbi erano stati sollevati dall’asta che si era tenuta all’inizio della serata. Il vincitore gli avrebbe tolto la vita e apparentemente il suo boia era un grassone dalle dita ornate da troppi anelli che in quel momento era intento a divertirsi con una ragazzina indubbiamente troppo giovane perché fosse legale. Non gli aveva mai staccato gli occhi di dosso, Fenrir non riusciva neanche a immaginarsi quanto stesse godendo all’idea di sopprimere un valoroso fighter, lui che probabilmente nella vita non aveva mai neanche dato o ricevuto un pugno.

Le luci si abbassarono e Fenrir quasi sperò che fosse arrivata la sua ora, non ne poteva più di quello strazio che era la sua vita. Però non toccava ancora a lui.

Una singola figura si stagliava sul palco, vestita unicamente di una fascia di pelle intorno al petto e dei calzoncini che nascondevano pochissimo, portava una maschera ma tanto nessuno le stava guardando il viso. Iniziò a ballare sensualmente al ritmo rimbombante di un basso. Era una musica che ipnotizzava e le sue movenze sembravano troppo fluide per essere studiate, come se improvvisasse i passi strada facendo. Erano tutti talmente rapiti che fu proprio Fenrir il primo a rendersi conto che qualcosa non tornava, alcune persone in fondo alla sala si stavano accasciando. Poi vide delle ombre strisciare sul suolo avanzando verso il palco, si avvicinavano ad un avventore emergendo dal suolo come un tristo mietitore e tagliavano la gola dei presenti con precisione chirurgica. Avanzavano risparmiando gli schiavi i quali sembravano solo cadere addormentati.  Quando più di metà della sala ormai era stata neutralizzata una cameriera entrando da una porta vicino al palco lanciò un urlo che interruppe l’incantesimo, perché di quello si trattava.

Si scatenò il putiferio, gente che correva ovunque scivolando sul sangue che scorreva in terra, arrivò la sicurezza ma le misteriose figure si materializzarono rivelando uniformi nere con ricami argentati. La danzatrice piombo sul grassone che urlando lasciò andare la ragazzina finalmente, alzò le mani dicendo qualcosa ma la ragazza portò una mano dietro la testa per poi abbassarla avvolta da una strana luce. Gli affondò nel petto e l’uomo sputò una fontana di sangue che in parte la colpì ma lei non sembrò curarsene. Tirò indietro il braccio e con un gesto della mano rispedì indietro una serie di pallottole che le avevano sparto mietendo vittime ovunque.

Nulla di tutto ciò però sembrava essere degno della sua attenzione, si era voltata verso di lui lasciando cadere la maschera e finalmente Fenrir riconobbe in lei Gleipnir. Avanzò verso di lui sporca di sangue e determinata come non mai. Mosse la mano di taglio e finalmente la morsa che aveva avuto intorno alla gola venne a mancare, presto fu libero anche dalle manette e cadde in avanti ma lei lo tenne in piedi senza problemi.

Attraversarono i corridoi mentre gli altri wizard dei suoi compagni liberavano la loro strada e lo condusse fino ad una navicella della federazione parcheggiata tranquillamente nell’hangar. Cariddi li aspettava con una spalla poggiata alla porta.

Quando furono tutti a bordo si mise ai comandi e in men che non si dica erano nello spazio aperto. Passando in corridoio vide che avevano liberato anche gli altri fighters e i vari wizard erano intenti a curarli. Nel caso di Lerna e Nemeo evidentemente lei era già stata ampliamente curata ed era china fra le gambe di Nemeo intenta a ringraziarlo con molta solerzia a giudicare dai gemiti del ragazzo che le teneva una mano sulla nuca mentre con l’altra si teneva alla parete.

Fenrir ridacchiò tossicchiando un po’ di sangue e Gleipnir pigiò un pulzante sulla parete chiudendo la porta con un sorriso divertito. Travarono un alloggio libero in fondo al corridoio e Fenrir si stese con un grugnito, aveva la vista annebbiata e non era sicuro che la magia potesse effettivamente salvarlo a quel punto.

Gleipnir si sedette vicino a lui sul bordo del letto passando le dita delicate sulle sue ferite. La stanza s’illuminò istantaneamente della sua magia e lei gli sorrise rassicurante accarezzandogli il volto.

Fenrir si ridestò di soprassalto, doveva aver perso i sensi per un secondo perché era ancora intenta a curarlo, adesso stringeva in mano il parassita che chissà come era riuscito ad estrarre da lui, lo schiacciò tra le dita con uno sguardo torvo poi si alzò per lavarsi le mani nel lavabo incassato in un angolo.

“Grazie” riuscì a gracchiare con una voce debole che gli sembrava impossibile fosse la sua.

Lei si voltò sorpresa: “Sei sveglio! Devi avere una costituzione davvero robusta, non pensavo saresti tornato dal mondo dei sogni prima di domani” alzò la mano per fermarlo “Non parlare le tue corde vocali sono danneggiate non hanno ancora finito di risanarsi” si avvicinò sedendosi di nuovo vicino a lui e gli posò delicatamente una mano sul braccio “Ecco così posso sentire cosa pensi, ovviamente però devi rivolgermi i pensieri”

-Così? –

“Bravissimo”

-Mi dispiace, ho combinato una casino è tutta colpa mia-

“Non preoccuparti, abbiamo salvato tutti e recuperato le gemme, inoltre le forze dell’ordine sono intervenute in quel covo di perdizione”

-Non avrei dovuto comportarmi così con te, non te lo meritavi, sono uno stronzo-

“Mi piacciono gli stronzi” fu la candida risposta, fenrir emise un gemito sorpreso, ma ottenne solo un sorriso.

“Io non sono perfetta fenrir, non so cosa vi raccontino sui wizard ma mi hanno mandato ad Atlantide per un problema disciplinare, uno snob mi ha provocato una volta di troppo e io gli ho staccato un orecchio a morsi” ogni volta che Fenrir pensava di non poter essere più sorpreso ne usciva una nuova “Penso seriamente che non si siano liberati di me perché sono un Oktian” ecco questa si che doveva essere una balla, gli Oktian erano estinti da quando avevano distrutto il loro pianeta per cercare di fermare quelle bestie incontrollate che erano gli abitanti.

“Non siamo estinti” lo smentì lei sentendo i suoi pensieri “Simo solo molto pochi, non so cosa sai di noi ma abbiamo un’energia magica praticamene inarrestabile e siamo privi del minimo senso di pietà, la federazione sperava di riuscire a plasmarmi e mi ha tolto ai miei genitori quando ero piccola. Sfortunatamente per loro non sono stati in grado di rimodellare il mio carattere e infine mi hanno scaricato ad Atlantide, forse speravano che mi sarei fatta ammazzare in qualche missione suicida, ma invece ho capito del doppio gioco di Giano dal primo momento in cui mi ha toccato e mi anno promesso quello che voglio se riuscivo a sventare questo complotto” il suo sgurado vagò per la stanza mentre Fenrir l’ascoltava senza parole “Se vuoi un altro wizard ora che sai tutto chiederò il trasferimento, immagino che tu non voglia un mostro come partner”

Io credo di essermi eccitato

Gleipnir si voltò di scatto verso di lui che fece le spallucce con un gemito di dolore – Se no lo avevi già capito neanche io sono un santo, magari quando starò meglio mi permetterai di offrirti una cena?-

“Al diavolo la cena!” sbottò lei “Adesso ti guarisco per bene e passiamo subito alla parte interessante!” poggiò le mani su di lui e la stanza s’illuminò di nuovo della sua magia.

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