Assisente cercasi

Non doveva andare così

Trewan si sedette sconsolato sul muretto vicino alla strada.

Era un ragazzo decisamente alto per la media

Tutto sommato gli piaceva casa sua, nella piccola cittadina di Ghespa, le montagne che incorniciavano quel luogo ameno apparentemente immune allo scorrere del tempo, erano state il suo parco giochi.

Le cose avevano iniziato a cambiare quando aveva compiuto ventuno anni. L’età ideale per il matrimonio.

Funzionava così in campagna: il primo figlio ereditava il lavoro del padre, al massimo anche il secondo andava ad aiutarlo; e il terzo? Aveva due scelte principalmente, o prendeva il mare, o sposava figlia di un artigiano senza eredi maschi.

Lui era il brillante, a suo parere, terzo figlio del medico di paese.

Così quando sua madre aveva iniziato a invitare a cena quasi tutti i giorni la famiglia Calider, padre e madre, veterinari e figlioletta di appena quattordici anni non aveva esitato a prendere in mano il suo destino, non ci teneva a prestarsi a una fusione aziendale.

Lui sognava in grande si vedeva esploratore, giudice, diplomatico o anche lanciato in una carriera politica (Non aveva ben chiaro cosa facesse un politico ma suonava come un incarico importante e lui era uno che imparava in fretta).

Nonostante l’affetto che lo legava a Ghespa non aveva mai pensato di rimanervi per tutta la vita. Così aveva messo insieme le sue cose e lasciata una lettera alla sua famiglia se n’era andato senza voltarsi.

La sua meta era Kaladorei, la capitale de regno di Droi. All’inizio era andato tutto bene aveva fatto l’autostop per la maggior parte del viaggio, scoprendo nel peggiore dei modi che detestava viaggiare in auto, non ce n’erano molte a Ghespa in genere ci si spostava a piedi o in bici. Ad ogni modo questo gli aveva consentito di conservare i suoi risparmi per trovarsi una sistemazione provvisoria. Si era sempre considerato una persona metodica: avrebbe iniziato a cercare lavoro appena arrivato in città, appena trovato avrebbe preso alloggio in un modesto albergo nelle vicinanze per risparmiare sui mezzi; infine non appena i suoi risparmi glielo avrebbero consentito si sarebbe trovato un appartamento.

Arrivato a Kaladorei le cose erano iniziate ad andare storte, ovunque andasse cercavano solo professionisti del settore o apprendisti con esperienza…ma come faceva un apprendista ad avere esperienza?

L’unico campo in cui forse poteva averne era la medicina, o almeno così credeva. Aveva provato a farsi assumere in uno studio medico, ma avevano bollato i metodi della sua famiglia come antiquati.

“Il futuro della medicina è la mente! La gente non è davvero malata, pensa di esserlo, quindi sta male; il compito dei medici è quello di aiutare i pazienti a uscire da quest’illusione” aveva asserito il giovane dottore che sembrava essere il capo.

Se n’era andato sconcertato sperando di non aver mai bisogno di cure.

Adesso non sapeva bene come comportarsi, gli erano rimasti pochi soldi e non aveva idea di quale altro lavoro tentare.

“Ehi tu!” si sentì apostrofare, era il proprietario del caffè che aveva appena respinto la sua candidatura perché: “Cerchiamo una cameriera non un maschio”

“Senti mi dispiace di non poterti assumere, ma mi sembri un bravo ragazzo. Una mia conoscenza cerca un aiutante, ha un negozio in fondo alla via, è un lavoro un po’ singolare ma se davvero ne hai bisogno credo vada bene” gli disse sorridendo “Mi ha lasciato questo qualche giorno fa se ti può interessare” disse porgendogli un volantino colorato a tinte sgargianti.

Trewan lo fissò allibito, per la prima volta in quella cavolo di città qualcuno gli dava una chance.

“Io…grazie” balbettò alzandosi.

“Di niente ragazzo a buon rendere, tu chiedi di Exie Nez e ti dì che ti manda il signor Noribe” lo liquidò lui li dandogli una pacca sulla spalla.

Il volantino gli bruciò le retine in un primo momento: era scritto a grandi lettere fucsia e giallo fluo su uno sfondo verde brillante.

CERCASI ASSISENTE!!!

Lavoro full time

Prerequisiti:

-Spalle larghe

-Pazienza sconfinata

-Dimestichezza con: animali, bambini, anziani, snob, ricchi, nobili e diverse combinazioni di queste categorie.

Disponibilità di vitto e alloggio presso il negozio.

NO SENSITIVI, VEGGENTI, GRANDI MAGHI (O STREGHE) E APPRENDISTI MAGHI (O STREGHE).

Piazza della Luna Maggiore N° 42.

 

Non aveva mai visto un negozio come quello. Un basso cancello in ferro battuto dava accesso a un lussureggiante giardino, due alti alberi incorniciavano l’entrata, un’edera rossastra si arrampicava sui muri e il sentiero verso la porta di vetro opaco era segnato da alcuni pietroni intagliati.

L’insegna recava a grandi arzigogolate lettere la scritta: “Mela Avvelenata” lesse ad alta voce.

E la porta si aprì.

Trewan fu investito da un insistente odore di erba appena tagliata che proveniva dall’interno, era così simile a quello dei campi di casa sua che una nostalgia che non immaginava di provare lo assalì tutta insieme.

Con gli occhi umidi e un groppo in gola non si accorse subito dei due occhi blu scuro che lo fissavano perplessi.

Una ragazza poco più bassa di lui lo fissava con la testa leggermente inclinata, portava i lunghi capelli castani mossi sciolti e, cosa che Trewan non si sarebbe mai abituato a vedere, portava i pantaloni di pelle e aderenti. Nel suo tranquillo paesino le ragazze indossavano ampi abiti e diverse sottogonne, non era neanche certo che ci fossero delle gambe sotto tutti quegli strati di vestiti.

“Salve” disse lei lentamente con aria interrogativa.

“Buongiorno” rispose lui cercando di ricomporsi, e di non fissarle incredulo le gambe snelle e slanciate “Cercavo Exie Nez, il signor Noribe mi ha detto che c’è un posto da assistente libero”.

Lo sguardo della ragazza s’illuminò all’istante: “Fantastico, caro signor Noribe, dovrei passare a vedere come stanno le sue scope incantate, ma ora non ho tempo, facciamo una cosa veloce, hai mai lavorato a stretto contatto con la clientela?”

“Cosa? Si, ho lavorato diverse volte nell’ambulatorio dei miei genitori”

“Sei un medico? Cioè un vero?” la ragazza sembrava sul punto di mettersi a saltellare sul posto dalla gioia, Trewan sentì il nodo di tensione allo stomaco allentarsi, forse era la volta buona.

“Si ho acquisito tutte le nozioni di base di medicina, ho diversa esperienza sul campo e mi intendo anche di rimedi fatti in casa e erbe curative”

“Eccellente, in che rapporti sei col bianco?”

Questa domanda lo colse un po’ alla sprovvista.

“Ecco, è credenza comune che il bianco porti sfortuna, come tutto ciò che è legato a quel colore…”

“Si, si, ma tu cosa pensi” lo interruppe lei agitando una mano come a scacciare le sue parole.

Trewan raccolse il coraggio e tentò il tutto per tutto: “Per me queste sciocche credenze non hanno alcun significato”

“Fai male è assolutamente vero” disse lei spalancando nuovamente la porta del negozio, Trewan si sentì mancare il respiro “Congratulazioni sei assunto” aggiunse voltandosi con un sorriso radioso porgendogli la mano.

Trewan la guardò stordito, fece per stringerla ma lei la ritrasse subito.

“Ma no, la borsa, dammi la borsa, la lasciamo qui e passiamo a riprenderla dopo, c’è tempo per sbrigare le formalità strada facendo” disse afferrando il borsone con tutta la sua vita e abbandonandolo appena dentro l’ingresso.

“Presto andiamo” disse afferrando la sua mano ancora sospesa a mezz’aria mentre passava di corsa.

Imboccarono la strada in discesa acquisendo velocità, la gente si scansava chi sorpreso chi divertito, in fondo al viale un gruppo di ragazzini li additò ridendo a gran voce, ma tutto questo emerse solo marginalmente nella matassa confusa dei pensieri di Trewan.

-È veloce- pensò, mentre si aggirava in quello stato confusionale cerando il bandolo, nonostante fosse più bassa di lui sentiva il braccio, che lei non accennava a mollare, tirare mentre correvano.

-Sono stato assunto- fu il pensiero successivo, seguito subito da –Si ma per che lavoro? –

-Dove stiamo andando? Chi è questa tipa? – Trewan sentì la confusione crescere e fece una rapida inversione di marcia –Devo chiedergli di questo Exie Nex, deve essere il capo, sarà più semplice parlare con lui- quel pensiero piacque alla sua mente pratica, al punto che quasi travolse la ragazza che si era fermata di colpo.

“Ma che…?” disse incespicando accanto a lei.

“Cavolo!” fu l’unica risposta.

Non si era neanche voltata, guardava dritto davanti a se e pian piano quello che sembrava il rumore di una rissa attirò l’attenzione di Trewan.

La strada era piena di padiglioni di tela, sembrava che fosse in corso una fiera, ma le persone stavano semplicemente in piedi con uno sguardo vitreo, il rumore veniva da più avanti.

“Che hanno?” chiese Trewan.

“Direi che sono in uno stato ipnotico, chissà cosa stanno vedendo, seguimi” si avviò con cautela fra i tendoni colorati.

“Senti, credi che potrò parlare presto con il signor Nez? Avrei un paio di domande” chiese seguendola.

Lei gli lanciò una buffa occhiata, come di qualcuno che trattiene le risa.

“Dipende, che cosa gli vorresti chiedere?” rispose alzando un lenzuolo color porpora per poi riabbassarlo scuotendo la testa.

“Oh, beh sai, le cose più generali, tipo lo stipendio, gli orari e, ecco, quando dice assisente intende assistente?” alzò anche lui il lenzuolo incuriosito, per trovarsi davanti a un piccolo ambiente pieno di gabbiette di diverse dimensioni, tutte vuote.

Lei strinse le labbra indispettita:

“No no, è assisente ne sono sicura, uno che sta seduto tutto il giorno dietro il bancone come lo chiameresti!” sembrava così convinta che Trewan non osò contraddirla “Comunque a giudicare dal borsone cerchi anche un alloggio; ci sono delle camere dietro il negozio puoi stare lì, il vitto è incluso, quanto al compenso possiamo parlarne con calma dopo aver finito qui” spiegò con un sorriso sbirciando dentro il padiglione centrale addobbato con teli multicolore e un’infinità di nastri, sembrava che quella strana cacofonia di rumori venisse da lì.

“Davvero? Sarebbe fantastico, cioè, però non ho ancora capito di che lavoro si tratta” Trewan l’afferrò per un gomito preso dall’entusiasmo e si trovò a fissare due occhi viola, lentamente la mano gli scivolò lungo il braccio: “I tuoi occhi…”

“Io gestisco un negozio di magia” lo interruppe lei guardandolo divertita “E mi serve un assisente, niente di particolare, devi ricevere i clienti, fare inventario e forse qualche volta accompagnarmi in missioni sul campo come questa”

“La magia non esiste, sono solo superstizioni” rispose Trewan automaticamente, sentiva la sua razionalità impegnata in una lotta all’ultimo sangue con quello che vedeva.

“Certamente” rispose lei accondiscendente mentre il castano dei suoi capelli sbiadiva fino a diventare bianco argenteo “Senti perché non lo dici anche a loro, se sei abbastanza convincente per oggi abbiamo finito” accennò all’ingresso della tenda e Trewan si avvicinò sentendosi parte della folla ipnotizzata.

Ci mise un attimo a registrare a pieno a portata di quello che accadeva all’interno, una vecchia signora avvolta in un voluminoso scialle di pizzo era circondata da una moltitudine di gatti, più di quanti il ragazzo ne avesse mai visti in tutta la sua vita, che miagolavano all’unisono un specie di motivetto.

Trewan si tirò indietro di scatto: “Una strega!” mormorò in un verso strozzato.

“Cosa? Quella non è una strega, è solo la vecchi signora Merle, abita in Via dell’Armadillo Zoppo”

“Ma i gatti?”

“Si, è colpa del Celcie” la ragazza aveva assunto lo stesso tono pratico che Trewan aveva sentito a suo padre tantissime volte, quando i suoi pazienti si agitavano per la vista del sangue su una ferita da nulla.

“Cos’è un Celcie?” chiese cercando d’inghiottire la paura irrazionale che lo aveva assalito, poteva spaventarsi dopo.

Fu ricompensato con un sorriso: “Al momento è quella specie di gatto spelacchiato sulle gambe della signora, ti avverto però, è solo un illusione il suo aspetto è ben diverso”

C’era effettivamente un gatto, non aveva un bell’aspetto ma la signora lo coccolava come se fosse la sua unica gioia nella vita.

“Tranquillo”

“Perché sono innocui?”

“Direi di no, hai visto in che stato ha ridotto la gente in piazza, probabilmente è una delle creature più pericolose che puoi trovare in città”

“E dovrei stare tranquillo?”

“Certo, perché io sono decisamente più pericolosa” affermò lei oltrepassandolo mentre entrava nel tendone. Il coro di miagolii cessò all’istante.

“Ma guarda chi c’è mio piccolo Mieletto” gracchiò la vecchina rivolta evidentemente al suo gatto.

“Buongiorno signora Merle” disse la giovane avvicinandosi al soppalco con la massima calma, intorno ai suoi piedi i gatti sembravano risvegliarsi strusciandosi contro le sue gambe “E buongiorno anche a te Mieletto”

“Non interferire strega!” quella strana voce raschiante sembrava venire dall’esserino che ora si contorceva sulle gambe della signora. Trewan deglutì a vuoto metabolizzando l’informazione.

“Lungi da me, eppure mi stavo chiedendo quanta energia ti costasse influenzare tante persone, per non parlare dei gatti” commentò lei con aria tranquilla esaminandosi le unghie.

Il Celcie se quello era il suo nome emise un rantolo: “Non ti riguarda, è un problema mio”

“Sicuro, se per te va bene io aspetterò qui per una mezz’oretta, così potrò pulire quello che rimane di te” detto questo si sedette su una delle tante sedie della platea, osservando un numero crescente di gatti che liberi da quella specie d’ipnosi aveva ripreso a comportarsi normalmente “Forse anche di meno, una volta persi i gatti non riuscirai a trattenere gli esseri umani dico bene?”

La creatura si lamentò ancora e l’anziana signora riprese ad accarezzarlo: “A questo non avevo pensato”

Sembrava quasi imbarazzato.

“Posso sapere cosa ti è preso? Quando ti ho pescato ad ammaliare i sacerdoti al tempio delle due lune mi pareva ci fossimo chiariti, alla prossima ti avrei tramutato un vero gatto”

“Ti ho già ripetuto che sarei stato un buon dio e non è la prima volta che questi stupidi mortali adorano un felino. Però stavolta è diverso, volevo fare una cosa buona”

La strega lanciò un eloquente occhiata alle condizioni pietose della sala.

“Tu non capisci, lei ha sempre aiutato tutti, ha avuto cinque figli e tanti nipoti, è stata la badante di un numero infinito di bambini in tutta la sua vita, ha aiutato decine di donne a partorire, ma ora nessuno pensa mai a lei, è sempre sola, ci sono solo io per lei” urlò in un misto di miagolii “Anche oggi, voleva solo vedere la mostra dei gatti, ma l’hanno scacciata, perché è una stracciona hanno detto, cos’è una stracciona io non capisco”

“Quindi tu hai ipnotizzato tutti e hai organizzato questo bello spettacolo per lei” la ragazza si passò una mano sugli occhi “E come pensi che si sentirà quando esaurirai il tuo ultimo briciolo di energia e quella forma andrà in mille pezzi? Credi che sarà felice risvegliandosi e trovandoti morto tra le se braccia, per non parlare del fatto che daranno la colpa di tutto questo a lei, e tu non ci sarai più per aiutarla” ogni traccia d’indifferenza era scomparsa, ora fissava il gatto intensamente.

“Io non lo so! I Celcie non aiutano gli altri! Non so come fare” la signora ora lo stringeva al petto accarezzando dolcemente il suo pelo rado.

“Lo so, ed è per questo che ti aiuterò io” la ragazza si alzò in piedi avvicinandosi alla strana coppia “Lascia che si svegli, ci penserò io, fidati di me, non voglio che i tuoi sforzi vadano sprecati”

“Ti prenderai cura di lei?” il tono della creatura si era fato supplichevole.

“Ma certamente, e anche di te, ti sei comportato bene ora riposati”

Mieletto tirò su con il naso un’ultima volta poi mormorò appena udibile: “Si sta svegliando, mantieni la tua parola strega”

Trewan percepì più che sentire qualcosa spezzarsi nell’aria, i gatti scaparono in tutte le direzioni e la vecchietta cadde in avanti fra le braccia della ragazza.

Quest’ultima si voltò verso di lui, ancora seminascosto all’entrata della tenda: “Mi vuoi aiutare?”

Come se fosse stato avvolto nell’incantesimo anche lui Trewan si ridestò all’istante, entrò nella tenda cercando di non calpestare i gatti che correvano in giro; arrivato sulla pedana trovò la signora Merle perfettamente sveglia che ciangottava allegramente con la giovane che cercava di aiutarla ad alzarsi: “Oh mia cara sei sempre più carina, e chi è questo giovanotto? Mi ricorda tanto il mio nipotino Rafe, sei tu Rafe, sei venuto a trovare la nonna?”

“No signora, suo nipote è andato a studiare all’università di Inashari ad Arve, questo è il mio assisente…”

“Trewan” le venne in aiuto lui “Mi chiamo Trewan, piacere di conoscerla signora Merle” disse porgendole il braccio, il Celcie le si era acciambellato intorno al collo e sembrava immerso in un sonno profondo.

“Ma che ragazzetto gentile che ti sei trovata, era che iniziassi a pensare di mettere su famiglia” continuò lei tutta allegra mentre si avviavano all’uscita “Anche se rimango dell’idea che mio nipote Crise sarebbe perfetto per te”

“Signora suo nipote Crise ha quindici anni…”

“Bubbole” la zittì l’energica nonnina “Qualche anno di differenza non vuol dire nulla”

“E poi suo nipote Crise è una femmina”

“Ma che sciocchezze dici, vuoi che non sappia se i miei nipoti sono maschi o femmine? Sentiamo se è una femmina perché avrebbe i capelli così corti?”

“Perché è il taglio che va di moda in questo periodo, signora”

“Ora non venirmi a parlare della moda” la vecchietta si lanciò in un’ampia dissertazione su ciò che pensava della moda, usando termini di cui Trewan poteva solo ipotizzare il significato. Intanto in piazza le persone tornate in se si stavano avvicinando, chi con aria confusa, chi con aria decisamente alterata.

Vedendo la tempesta sopraggiungere la ragazza lo tirò vicino: “Porta la signora a sedersi all’ombra, qui sarà meglio che ci pensi io” gli mormorò, accennando ad una panchina sotto gli alberi.

In breve Trewan si trovò seduto a sentire i vaneggiamenti della signora Merle sulla sua, apparentemente infinita, lista di figli e nipoti; gli era bastato voltarsi un attimo e i capelli di quella ragazza di cui si rese conto di non sapere neanche il nome erano tornati castani. In piedi sotto il sole fronteggiava rilassata una folla apparentemente sull’orlo del linciaggio.

“Ora basta!” tuonò un uomo vestito assurdamente elegante per una fiera felina “Esigiamo una spiegazione”

“Non c’è molto da spiegare signor Dygrini, un’entità magica ha preso il controllo di voi e dei vostri gatti e quando l’ho scacciata vi siete risvegliati”

“E dove sono i nostri preziosissimi esemplari” chiese affranta un’altra signora enorme, avvolta in un vestito prugna che poco faceva per mascherare la sua mole.

“Non vedo come posso saperlo, o come la cosa possa riguardarmi madame Laneri, io sono stata ingaggiata per scacciare lo spirito e impedirgli di manipolarvi”

Un brivido passò tra la folla e alcuni iniziarono a calmarsi, ma non il signor Dygrini.

“Hai idea di quanto valgano quegli esemplari mostro? Il mio maculato delle isole è di razza purissima, e se si ferisse per strada chi mi ridarà i soldi? Tu?” Evidentemente non doveva essere una persona molto attenta al mondo circostante, o avrebbe notato lo sguardo gelido della sua interlocutrice. Persino la signora Laneri iniziò a indietreggiare lentamente.

“Exie!” il grido attraversò la piazza annunciando l’arrivo di un piccolo tornado che scacciò via quel momento di tensione; in una valanga di capelli rossi e trecce una ragazza gettò le braccia al collo alla strega: “Ce l’hai fatta Exie, non avevo dubbi, non è ancora nato lo spettro che può sconfiggerti”

“Aggie, te l’ho detto, gli spettri non esistono, era un Celcie”

“S…signorina Van Der Gloss” riuscì a mettere insieme Dygrini, tutto a un tratto senza parole.

“Salve!” esclamò allegramente la ragazza voltandosi “Lei è…? Mi dispiace non sono molto fisionomista” sembrava veramente imbarazzata mentre postava il peso da un piede all’altro con le guance coperte da un velo di rossore; ma poi Trewan vide la presunta strega darle un pizzicotto di nascosto e gli sorse un terribile dubbio.

“Non si preoccupi signorina, ha chiamato lei questa…specialista?” Trewan vide Exie portarsi una mano a coprire la bocca e si rese conto che anche lui stava sorridendo, adesso il mostro era una specialista?

“Non ho avuto scelta, chissà quali orribili cose avrebbe potuto farvi quello spaventevole demone, per fortuna abbiamo l’incredibile privilegio di avere una maga come Exie in città, sempre pronta a intervenire in caso di bisogno” il sorriso della ragazza era così smagliante che il povero signor Dygrini si ritrovò a ricambiarlo suo malgrado.

“Ma vede signorina Van Der Gloss, rimane il problema che i nostri rari esemplari sono fuggiti e ora vagano liberi in balia dei pericoli della città”

Aggie spalancò gli occhioni portandosi una mano alla bocca: “Ma è terribile!” si voltò di scatto verso Exie “Tu non potresti aiutare i signori a ritrovarli?”

“Ma certamente, non dovrebbe essere difficile, il mio famiglio è di razza felina e ha un forte ascendente sui suoi simili” disse questa chinando leggermente il capo, nascondendo l’ombra di un sorriso che ancora alleggiava sulle sue labbra.

“Perfetto, allora è tutto risolto, la bottega di Exie è in Piazza della Luna Maggiore, non avete che da presentare una richiesta ufficiale di smarrimento dico bene?”

“Si e quando i gatti saranno ritrovati potrete venire a prenderli lì” completò la strega “Ora con permesso, ho un altro incarico da assolvere prima che la giornata finisca, devo riaccompagnare la signora Merle”

“Quella è la Baronessa Ylta Merle?” la signora Laneri sembrava vicina ad un attacco di cuore.

“Certamente, sembra che ci siano state un po’ di incomprensioni riguardo alla sua ammissione alla mostra di oggi, dato che sono sicura si sia trattato di un semplice errore umano non lo riferirò alla famiglia, non sono persone molto indulgenti” mormorando l’ultima parte della frase voltò le spalle alla folla troncando il discorso e avvicinandosi a loro.

“Tu sei Exie Nez!” l’accusò Trewan.

“E tu sei Trewan, non l’avevamo già fatta la scena delle presentazioni?”

“No, tu non mi hai detto il tuo nome, neanche quando ti ho chiesto del signor Nez”

“Questo perché sei tonto; ti ho anche detto che dirigo il negozio. Chiamami solo Exie, sono una strega e il tuo nuovo capo, per favore dammi del tu e risparmia le formalità per i nostri clienti, del resto parleremo dopo” poi si voltò verso la rossa che l’aveva seguita, lasciandolo a raccogliere i pezzi del suo amor proprio “Questo è Trewan, il mio nuovo assisente, non crede nella magia” disse accennando a lui con un pollice, come se non fosse neanche presente.

“E ha fatto domanda di assunzione nel tuo negozio?” la ragazza ridacchiò guardandolo e lui iniziò a sentire uno spiacevole formicolio in corrispondenza delle guance, si augurò con tutto se stesso di non essere arrossito “E te l’ho già detto si dice assistente!”

“Non ha senso, io voglio che stia seduto al bancone del negozio al mio posto, quindi è un assisente, no?” in qualche modo Exie sembrava del tutto seria “In cosa dovrebbe assistermi? Fino a un’ora fa non sapeva neanche dell’esistenza della mia professione”

“Non sapevo fosse un negozio di magia!” provò a difendersi il ragazzo. Di male in peggio.

“Hai fatto domanda di lavoro senza sapere di che si trattasse?” ormai la rossa rideva apertamente.

“Aggie, forse stai leggermente esagerando, lui non è di queste parti” la riprese Exie.

Come se avesse un interruttore da qualche parte sotto quella massa infinita di capelli, la ragazza smise istantaneamente di ridere, ricomponendosi e chinando il volto con aria contrita.

“Mi dispiace immensamente, gli amici di Exie sono miei amici e non volevo offenderti, mi perdoni?” Trewan la fissò sconcertato, aveva addirittura la lacrime agli occhi.

Exie si afferrò la radice del naso sospirando sconfortata, con l’altra mano invece le poggiò un dito sul lato del capo, spingendo fino a farle perdere l’equilibrio.

“Per favore non darle retta, questa è Agàte Doina Nemeri rosa di fiamma Van Der Gloss, figlia dell’ambasciatore di Pozu Van Der Gloss e dell’artista circense in ritiro Fenice Dorata, dice che vuole fare la strega ma è nata per essere un’attrice”

“Al vostro servizio” disse l’interpellata esibendosi in una complessa riverenza.

“Tanto vale che ti abitui alla sua presenza, ogni due giorni trova una scusa validissima per presentarsi in negozio e saltare le sue lezioni” disse Exie aiutando la signora Merle ad alzarsi “Piuttosto, perché una volta tanto non ti rendi utile e ci dai un passaggio su quella trappola moderna con cui vai in giro?”

Agàte s’illuminò: “Vuoi dire la mia auto? Certo è parcheggiata qui vicino, sai che l’ho ridipinta di bianco?”

“E perché l’avresti fatto? Sai che porta male” parole al vento, era già sparita dietro un angolo “Sarà meglio seguirla, adesso andiamo a casa a va bene signora Merle?”

La trappola moderna si rivelò essere una specie di calesse senza cavalli, la signora Merle si sistemò apparentemente a suo agio nella parte davanti, vicino ad Agàte; Trewan al contrario si sentiva teso, seduto sul bordo del sedile e quasi finì per terra quando Exie gli rivolse la parola.

“Prima volta su un’auto?”

“Purtroppo no”

“Temo che ci dovremo adattare, non piace neanche a me ma la signora non può attraversare la città a piedi. Cerca di rilassarti, nonostante la sua guida spericolata Agàte non ha mai fatto incidenti”

Sicuramente cercava di essere gentile, ma Trewan non si sentì per nulla meglio e l’auto che si accendeva con un rumore simile a un tuono non fu per niente d’aiuto. Nel periodo che Trewan passò con Exie affrontò moltissime cose indubbiamente pericolose: maledizioni, strane creature che sembravano uscite da un incubo, clienti insoddisfatti; eppure anche a distanza di tanto tempo, il ricordo della guida di Agàte era in grado di scuoterlo nel profondo.

“Mi dispiace” gli disse ancora una volta la rossa mentre si teneva in piedi appoggiato al muro, il mondo aveva da poco smesso di girare vorticosamente e forse dopo tutto non avrebbe rimesso.

“Sciocchezze, non ci sono più gli uomini di una volta, il mio defunto marito Kaol ha affrontato il mare in tempesta un’infinità di volte e lo farebbe tutt’ora se la peste non l’avesse stroncato, i giovanotti d’oggi sembrano donnicciole. Sei sicura di non voler riconsiderare mio nipote Crise mia cara” persino la signora Merle sembrava immune al viaggio in macchina e gli riservò uno sguardo di disapprovazione mentre lo oltrepassava al braccio di Agàte.

“Signora, glielo assicuro, Crise è una femmina” Exie spostò uno sguardo su di lui prima di rivolgersi nuovamente alla coppia che risaliva il vialetto del sontuoso palazzo davanti al quale sostavano “Agàte ti affido la signora, prendi i suoi bagagli noi ti aspettiamo in negozio”

“Certamente, lascia fare a me” urlò in risposta la ragazza salutando sopra una spalla.

Trewan fissò terrorizzato il demone su ruote parcheggiato a pochi metri da loro.

“Tranquillo andiamo a piedi” lo prevenne Exie “Credo che abbiamo bisogno di parlare, da questa parte”

“Quindi questa sarebbe Via dell’Armadillo Zoppo?” chiese Trewan dopo qualche minuto di silenzio fissando le case a schiera. Erano talmente coperte di decorazioni da risultare pacchiane, inoltre l’insieme di stili architettonici così diversi l’uno dall’altro era quasi disturbante.

“Un paio di generazioni fa era una semplice via di mercanti, ora si sono arricchiti e vogliono rinominarla Via del Pavone Placido”

“Ma i pavoni non sono placidi, sono vanitosi e scostanti”

“Il che lo rende un nome perfetto” le loro risate risuonarono nel cielo che si andava tingendo del rosa del tramonto.

“Insomma: Celcie, nobili con la puzza sotto il naso e corse frenetiche; è questo che devo aspettarmi?” iniziava a sentirsi più a suo agio, non che avesse pienamente accettato quella cosa della magia, però almeno Exie gli sembrava un po’ più umana.

“Certo che no, di solito passo il tempo a spiegare alle ragazze che non fabbrico filtri d’amore e che le brutte giornate non dipendono da chissà quale maledizione” erano arrivati ad una svolta panoramica da cui si vedeva Piazza Luna Maggiore “Allora pensi che possa interessarti?” disse con il tono più serio che le avesse sentito fino a quel momento.

“Io…farò del mio meglio” rispose altrettanto serio sostenendo il suo sguardo leggermente viola.

“Non ti chiedo nient’altro” con un buffo senso di deja vu si trovò a fissare per la seconda volta in poche ore l’esile mano della ragazza.

–Stavolta no! – fu l’unico pensiero che gli attraversò la mente nell’afferrarla in fretta, prima che quell’uragano sotto mentite spoglie lo trascinasse in un’altra situazione surreale.

Una sensazione di calore gli risalì i braccio e rimase imbambolato a fissare una sequenza di parole velocissima che gli passò davanti agli occhi in un turbinio confuso. Sentiva ancora la presa salda della ragazza e gli sembrava di vedere i suoi occhi dietro tutto quel vorticare così si concentrò sulla sensazione delle sue dita finché e parole non sparirono risucchiate dal vuoto e il suo viso tornò a fuoco illuminato di rosso dal tramonto alla loro destra.

“Tutto ok?” Exie rafforzò leggermente la presa sulle sulla sua mano ora racchiusa fra le sue.

“Cos’era?” ansimò lui respirando pesantemente, forzandosi a lasciare andare le sue dita.

“Il contratto magico, perdonami, è la prima volta che prendo un assisente mi è proprio passato di mente”

“Non si era parlato di contratti magici”

“È un negozio di magia diretto da una strega, che ti aspettavi? In ogni caso è colpa mia, suppongo di dovermi impegnare a fare del mio meglio anche io” sembrava sinceramente dispiaciuta.

“C’è una cosa che davvero non capisco, se come dici, puoi fare le magie, a che ti serve un assisente?”

Il sorriso quasi malvagio che si allargò sul viso di Exie lo spinse a fare un passo indietro:

“Mio caro Trewan, la magia aiuta, ma non risolve tutti i problemi, ci sono un mucchio di cose che un assisente può fare sicuramente meglio di un incantesimo: ricevere i clienti, catalogare le pozioni, dividerle dai semplici infusi, rispondere al telefono e allo specchio, scacciare i presunti grandi maghi che vogliono sfidarmi, i bontemponi increduli che vogliono farmi passare per una ciarlatana, puoi tenere a bada Agàte, farmi da manichino per i vestiti magici, cucinare, pulire, scacciare i Fades dalle grondaie, portarmi la borsa e i libri quando serve, fare le consegne, fare da avatar a Mulvai, rispondere alla corrispondenza…..”

Mentre il sole tramontava su Kaladorei e le due lune gemelle sorgevano all’orizzonte, Exie continuava inarrestabile il suo interminabile elenco di assurdità.

Non doveva andare così– pensò Trewan che non capiva due parole su tre –Però non è andata male

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